Di recente ho guardato il film Forrest Gump con particolare interesse.
Mi ha fatto pensare ai destini.
Per me, dire destino è come dire vita. Mi piace
penare ai destini delle persone, anche se non mi piace l’idea che ognuno di noi
sia solo un ingrediente dentro un piatto la cui ricetta ci è ignara e al quale
non possiamo in alcun modo contribuire dandogli del valore agginto.
Diciamo che, quando immagino
come sarà il futuro di una persona, preferisco ipotizzare una storia piuttosto
che un progetto.
Io vivo così –sarà una
deformazione professionale, ma preferisco ideare sospinta dal vento, non
stabilire punto per punto ciò che farò nel corso degli anni. La vita non è una
lista della spesa. Non puoi scegliere cosa ti accadrà, né approfittare di
offerte speciali (della serie:”Due uomini al prezzo di uno!!!”… e chi li vuole?
Già uno dà il suo daffare.)
Ha ragione la mamma di Forrest,
quando dice:“la vita è una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti
capita.”
Mi sorprendo a seguire una
strada che non avevo previsto (confermando così la metafora dei cioccolatini). All’inizio
di questo post ero convinta che avrei sostenuto la tesi contraria, ovvero
quella per cui siamo noi gli artefici del nostro destino. E ne sono ancora
convinta! Come concordare una simile pretesa con l’ineluttabilità del Fato?
A dire il vero, non mi rassicura
per niente pensarmi predestinata “a…”
Prendiamo il motto latino nomen omen,
il destino nel nome, per esempio: perché dovrei credere e accettare di dover
vivere secondo le inclinazioni dei miei predecessori, di antenati il cui sangue
si è ormai diluito in mille particelle non più riconducibili a un nome o ad una
peculiarità familiare? Stando al mio cognome, dovrei coltivare pomodorini, ma
ho talmente tanto pollice verde che le mie piante, pur di non avere a che fare
con me, diventano blu.
Conosco un sacco di persone il
cui cognome è Mazzi, ma non per
questo tutti i loro figli girano con delle clave in spalla o amano
particolarmente far composizioni floreali.
Se poi proviamo a considerare
il detto adattandolo al nome di battesimo, la cosa peggiora ulteriormente: chi
mai potrebbe augurarsi di condurre una vita simile al proprio nome? Solo un
Leone o un Nicola, che significa “vincitore tra i popoli”. Per il resto, il
significato del nome proprio fa quasi sempre pietà. Quindi no, mi rifiuto di
adeguarmi a un presagio così poco scientifico. D’altronde, è un presagio, non uno
studio di ricerca dell’università di Oxford.
La predestinazione… Se è vero
che siamo tutti già inscritti in un disegno più grande, perché sforzarsi tanto,
studiare, soffrire, vivere? In ogni caso, in teoria, la vita ci porterebbe dove
vuole lei, dove lei ha programmato di
farci arrivare, no?
Ma quante storie, quanti
destini può gestire la vita? Innamorarsi, cercare un lavoro, ammalarsi e
guarire, litigare, avere figli… Secondo me, nemmeno la vita è in grado di mettere
ordine in tutto questo bailamme di avvenimenti e di emozioni. Sarebbe come
cercare di fermare un vagone delle montagne russe quando ha già iniziato la
discesa a picco.
Siamo allo sbaraglio, allora.
Allora dobbiamo solo sperare che, sotto, ci sia una rete di sicurezza, un
materasso morbido, una montagna di panna montata che c’impedisca di
schiantarci. Nemmeno questo pensiero è molto rassicurante. E se, alla fine
della picchiata, non c’è niente? Quante volte dovremo farci male prima della
fine della nostra esistenza? Il nostro destino può rimetterci in piedi quando
voliamo fuori dal vagone? Saremo abbastanza forti da risalire, ancora e ancora,
sulla giostra?
Io questo non lo so.
So solo che ci sono cose, nella
vita, che ti capitano e basta, e cose che invece puoi scegliere di far
accadere. Ognuno parte da una base, che bisogna imparare a conoscere prima di
avventurarsi in quell’inquietante luna-park che è il nostro destino. Qualcuno
avrà potere e bellezza dalla nascita, altri avranno intelligenza e spirito,
altri ancora dovranno cavarsela con un piccolo talento e un po’ di volontà. Poi
si sale sulla giostra, si apre la scatola di cioccolatini, si vive. E, giorno
per giorno, scopri quello che ti tocca.
Sapete?, a questo punto, credo
che la cosa migliore da fare sia lasciare che ci tocchi davvero. La vita intendo. Il destino. Tanto non possiamo
evitarlo. Come si diceva da piccoli? “Se non puoi batterlo, unisciti a lui!”.
Lasciamo che il destino si manifesti in tutta la sua maestosa, disarmante
bellezza e immensità, come una Guernica, un Pollock, una piramide di Cheope.
Poi, scegliamo un atteggiamento. La nostra mossa. Questo siamo liberi di farlo.
La vita non è così crudele da levarci anche la possibilità di decidere in che
modo affrontarla.
Quello sta a noi: ogni santo
giorno facciamo la scelta più importante di tutte, scendendo dal letto e andando
nel mondo, consapevoli o meno delle conseguenze. Basta guardarsi allo specchio,
la mattina, e chiedersi:”Mi piace quello che sto vedendo? Mi piace quello che
sto per fare?”. C’è chi dice che dopo venti risposte negative consecutive,
bisogna cambiare.
E noi possiamo farlo.
E’ il privilegio più grande che
l’umanità detenga, stretto tra le mani, prezioso, una fiammella calda e
traballante di forza che appoggiamo sulla nostra torta allo scadere di ogni
compleanno.
Quest’anno, non spegnete tutte
le candeline. Tenetene una accesa ancora per un po’, toglietela dalla torta e
spegnetela quando lo desiderate voi. Non è molto, ma è una scelta.
Non è molto: è tutto.