mercoledì 27 novembre 2013

La settimana comincia male, disse quello che doveva essere impiccato lunedì





La settimana comincia male, disse quello che doveva essere impiccato lunedì.
In effetti, il lunedì è sempre un giorno di feci, ma io non sottovaluterei nemmeno la domenica sera o il martedì mattina: nelle ultime quarantott’ore, infatti, mi sono successe cose talmente scandalose, che ho dovuto ripristinare la discografia anteguerra di Vasco Rossi, giusto per immaginare come si sta dopo aver tirato su una striscia di borotalco allucinogeno.

Dico che le ultime ore della mia vita (cioè, non le ultime-ultime, le più recenti, ecco) non sono state facili, ma in realtà dovrei dire che non lo sono stati gli ultimi mesi, o addirittura gli ultimi anni: sì, cari miei, la vita è davvero un gran casino. Per dirlo come lo canterebbe Vasco: La realtà ti preme addosso, ce l’hai sopra e ce l’hai sotto! Potrei affermare che l’esistenza di una persona, dal momento in cui esce dall’asilo, è un perenne, enorme lunedì, fatto di tutti i merdosi sentimenti che gentilmente lo accompagnano: ansia, tristezza, noia, paura di…, astinenza, depression, senso del tutto che scorre mentre noi restiamo uguali –sempre i soliti storditi di fronte alla orripilante bellezza della vita. (Cacchio, detto così fa proprio paura!)
D’altronde, non si può rimanere all’asilo per un’intera esistenza. La mamma e il papà prima o poi si smarronano di mantenerti, oppure, se riesci a concentrare i tuoi unici due neuroni in un punto fisso del cervello, sei tu che ti smarroni di esser mantenuto; con l’età arrivano la libertà, il diploma, il lavoro (scusate, questo solo per il 60 % dei giovani italiani), le proposte di matrimonio, le serate pazze, i buoni libri, il gran sesso e una cosa via l’altra. E’ vero, il lunedì fa schifo, ma il resto della settimana passa in frettissima, ed è per questo che bisogna cogliere ogni occasione di piacere anche nei restanti giorni, feriali o festivi che siano. Per me la settimana marcava male, ma, per esempio, uno dei miei alunni ieri ha preso 7 nel tema, Yaia ha avuto una degnissima serata con un ragazzo dal corpo stupendo (da quanto ho capito), e poi arriverà il mercoledì, Giorno dell’architetto sexy, e poi il venerdì, Giorno di cene e di rinnovati voti d’amicizia. Ed ogni giorno andremo in palestra, dove uomini sudati trascureranno gli esercizi per osservare noi donne sullo step, facendoci sentire come Dee della Fertilità, e non come Pachidermi. E’ chiaro: se devo pensare alla vita come a una jungla, preferisco vedermici in veste di tigre o di scaltra scimmietta che in quella di lento panzone grigio che schiaccia ogni cosa.

Se devo pensare alla vita come a una settimana, credo che la vivrei a bomba dall’inizio alla fine, anche il lunedì.
E pazienza se qualcosa va storto: si vede che doveva andare così, disse la vecchia guardando il marito a cui s’incendiavano i capelli.   


martedì 19 novembre 2013

Se gli piaci, ti chiamerà. Adesso!







C’è un film molto carino, uscito qualche anno fa, che s’intitola La verità è che non gli piaci abbastanza. Già dal titolo si dovrebbe capire il tono della vicenda: ragazze con la mente obnubilata dall’infatuazione non si accorgono che i ragazzi a cui corrono dietro non le cagano per un motivo preciso, e cioè perché loro, le fanciulle, non piacciono abbastanza ai rispettivi uomini.
Detto in parole povere: se piaci a un ragazzo, lui ti chiama. Anche se è naufragato su un’isola del Pacifico e per contattarti deve cavalcare gli squali a pelo, peggio che in Cast Away. Anche se è inseguito da Terminator 2. Anche se l’hanno preso a Masterchef e sta per dare il didietro a Gordon Ramsey: se gli piaci, nell’estremo momento di dolore previsto da quest’ultima opzione egli urlerà talmente forte che il suo richiamo attraverserà i continenti e ti raggiungerà come l’ululato di Buck nella natura selvaggia.
Ma se lui vive in un raggio di cinquecento chilometri –stando larghini-, non sta per farsi deflorare analmente, non sta precipitando con l’aereo e comunque non ti chiama…. La verità è che non gli piaci abbastanza.
Detto alla Sex and The City: lui non è interessato a te.

Ora, perché noi donne facciamo tanta fatica ad accettare un concetto così semplice? Non si tratta di un complesso problema teologico, filologico o filosofico, no: è un semplice dato di fatto. Gli piaci? Ti chiava, ops, ti chiama.
Non gli piaci? Non ti chiama, e nemmeno l’altra cosa, oppure l’altra cosa sì, ma poi ti chiava in senso lato, ovvero mollandoti in senso dritto.
Quante volte una donna deve sentirsi dire no ed interpretarlo come un forse sì, anzi, scusa, avevo una pecora brogna incastrata nell’esofago e ciò mi ha fatto dire no anziché sì ma volevo dire sì, certo, assolutamente!... prima di rendersi conto che per gli uomini no è N-O, negazione, negativo, nisba, non voglio vederti/sentirti/trombarti/presentarti in casa/cosarti!...?
Non lo so. E vi assicuro che non parlo per cattiveria: ci sono passata anch’io. E grazie al cielo quel bastardo mi ha lasciata e mai più cercata, così ho potuto credere che fosse imploso a causa di una scorpacciata di ribes e fagocitato dal suo stesso intestino.
Ma so per certo che, se mi fossi impuntata, avrei continuato per mesi e mesi e mesi ed altri mesi della mia SACRA VITA a ipotizzare cosa mai volesse dire quella frase, quella risposta, quella domanda. Mi accompagni in macchina alle prove della band? avrà forse significato Ho un disperato bisogno di vederti. Non riesco a smettere di pensarti. Usciamo di nuovo insieme, ti prego! E non fermare la macchina fino alla prima chiesa che trovi, perché ho una sorpresina d’oro per te…
Ho solo due parole per esprimere ciò che sento in questo momento: mamma-mia.
Ma anche: grazie-Signore-grazie (se esisti), perché sono riuscita a capire che, se con i vestiti, in tempo di crisi, si tende a spendere il meno possibile e ad avere il massimo rendimento, e ci si affezione e non li si vorrebbe buttare mai, con gli uomini la cosa dev’essere diversa, perché la moneta d’acquisto non sono meri euri, ma siamo noi. Il compagno che ci scegliamo è direttamente proporzionale al valore che diamo a noi stesse. Se una vuole uscire con un coglione che non la cerca mai, evidentemente pensa di meritarsi questo: un coglione che non la cerca mai. Per mia immensa fortuna (e anche un po’ d’astuzia), io mi accompagno ad un uomo meraviglioso, bello, intelligente, spiritoso e follemente innamorato di me da metà della sua vita. So anch’io che non ce ne sono tanti in giro, di uomini così, ma è come dire: se non c’è niente di buono da mangiare in casa, allora mangi la merda del gatto?

Però, a un certo punto, alzo le mani: tutti i gusti sono gusti, diceva il gatto leccandosi il cul. 

martedì 12 novembre 2013

Il primo appuntamento







Il primo appuntamento, come tutte le cose che si fanno per la prima volta, provoca sempre una dose di stress inaudita.
Quando una donna esce con un uomo, magari dopo molto tempo che non le capita, è doppiamente sotto pressione, anzi, triplamente, centuplicatamente… Diciamo pure che è sotto stress “alla enne”, perché a noi non basta essere nate con la maledizione del ciclo e del parto: no, noi dobbiamo anche rispondere ad aspettative sulla nostra bellezza e “seducenza” che sfiorano livelli a dir poco ridicoli.
Indi per cui, ci si ritrova davanti ad un armadio straripante a piagnucolare:Non ho niente da mettermi… Oppure si ricopre un brufolo microscopico con otto strati di fondotinta, terra, blush e ghiaino, tanto che alla fine, invece che un brufolo, l’innocua escrescenza sembra il fungo in cui abita il Grande Puffo.
Roba da urlare fino a far scoppiare tutte le noci di cocco appese alle palme dei Caraibi.

Secondo i miei studi sul campo, l’ansia da primo appuntamento traccia una linea ascendente sul piano cartesiano della nostra vita –almeno, fino ai trent’anni circa, quando poi torna inesorabilmente giù. Ecco come risultano essere gli atteggiamenti nei confronti delle prime uscite per donne in varie fasce d’età (sondaggio svoltosi tra le mie ormai note conoscenti, a loro insaputa):
-adolescente: fibrillazione
-ragazza con il 2 davanti: ansia, ansia, ansia
-donna alla terza decade: noia totale

Da adolescenti, il preliminare occupa tutto lo spazio immaginativo che renderà l’appuntamento speciale. Ore ed ore di speranze precedono la fatidica richiesta di lui; altre ore sono necessarie per scegliere il vestito giusto; almeno dieci ore sono dedicate a fantasticare con le amiche sulla scena del primo bacio.
L’adolescente maschio, prima del date, si lava velocemente i denti perché spera di riuscire a infilarle la lingua in bocca.

La ragazza tra i venti e i trenta è il soggetto messo peggio.
Dato che si avvicina a una fase della vita in cui sembra che tutte le altre abbiano già: scopato, inanellato un uomo all’altare, avuto figli e trovato il lavoro più figo del mondo, si inizia a domandarsi cosa c’è di sbagliato in se stesse e a dubitare della propria persona.
Tale insicurezza aumenta dopo un certo numero di uscite sbagliate/disastrose/trombevoli senza seguito. E ciò induce la donna ad accettare appuntamenti con i tipi più strampalati, dal Gargoyle all’esse-ti-erre-onzo nudo e crudo.
Un simile comportamento include anche il darla subito, nel timore che il non farlo possa suscitare dubbi, nell’accompagnatore, sulla eterosessualità dell’amica e sula sua “apertura” mentale.
Lui, comunque, si  lava velocemente i denti perché spera di inoltrare la lingua a mo’ di formichiere nella tana della compagna.

Le donne che hanno superato i trenta, piuttosto di andare ad un appuntamento al buio si farebbero levare un rene senza anestesia, perché ne hanno viste tante di cose strane sotto il sole! e sanno che, contro ogni aspettativa, la prima uscita sarà una vera emme-e-rda. Per quanto si vestano bene, si trucchino sapientemente e preparino una lista mentale di argomenti di cui parlare per non far languire la situation, l’uomo over trenta fallirà –misero- la missione di condurre una conversazione decente e di far sentire a proprio agio la partner, finendo col metterle la lingua in bocca. E nessuno sa se un uomo che vive da solo si lavi davvero i denti prima di uscire.


Dunque, in ogni caso, se non altro, visto che gli uomini campano meno di noi, ci ritroveremo nel club delle over novanta a sbiascicare castagne stracotte in una sera di San Martino come questa, e a rimembrare quanto fosse divertente, benché duro, quel periodo della nostra vita in cui si avevano dei primi appuntamenti. I  maschi superstiti, seduti in poltrona, avranno solo la parte dura da ricordare. Nostalgia, nostalgia canaglia…

martedì 5 novembre 2013

I MIGLIORI RACCONTI SESSUALI MAI UDITI DA ORECCHIO UMANO



D’accordo.
Se devo parlare di pene d’amore, lo faccio adesso o mai più.
Ma lo farò abbassando il tiro, o meglio: abbassando lo sguardo al “tiro”.
Una poetessa di cui non ricordo il nome affermava che i pensieri delle donne nascono dal petto e viaggiano verso l’alto, mentre quelli degli uomini nascono dalla testa e viaggiano verso il basso. Una Persona Che Conosco ritiene invece che i pensieri degli uomini non abbiano nemmeno un’origine così nobile come la mente, ma siano invece generati direttamente dal loro roseo amico ai piani bassi e lì si fermino.
Credo si a vero.
E, per confermare questa tesi, voglio condividere con voi alcuni dei migliori racconti sessuali accumulati nel corso di tanti anni di confidenze, aventi per protagonisti uomini all’apparenza normali, che poi si sono rivelati per quello che erano: nient’altro che un uccello attaccato a un corpo umano, con l’aggiunta casuale di un neurone vagante.

Primo.
Il miglior racconto sessuale mi deriva da Una Persona Che Conosco, esperta di uomini balordi.
Il balordo in questione la affascinò spagnoleggiando, bevendo insieme a lei, ma ebbe un piccolo incidente di percorso –e proprio sul più bello: diciamo che non tentò nemmeno di raggiungere il gabinetto, essendo concentrato su un’attività effettivamente impegnativa a livello fisico.
Immagina la scena.
Da allora, la Persona Che Conosco diffida sempre dei tipi spavaldi che rifiutano il pipì stop.

Secondo.
Si guadagna il secondo posto della classifica il signor Sfilatino. Lo hanno assaggiato alcune mie amiche e mi hanno riportato una descrizione assai vivida delle sue abilità: sembra che faccia l’amore come un operaio bendato con un martello pneumatico impazzito tra le mani. Inoltre, Sfilatino va annoverato per le dimensioni: roba da far invidia ad Abatantuono.

Terzo.
Il terzo racconto narra dell’uomo che apprezzava particolarmente i piercing. Lei ne aveva uno, e non si aspettava che un’innocente pallina d’oro sarebbe stata accolta con tanto candido stupore…

Quarto.
Sul quarto gradino del podio (il mio podio è diverso da quelli comunemente utilizzati) posizioniamo Random, ma solo perché ha un bellissimo soprannome, nato durante una serata in cui, in mancanza d’altro, Glade minacciò di farsi tutti i presenti a random, ovvero a tabula rasa. E di lì a poco toccò a lui.

Il quinto racconto sessuale coinvolge tutti coloro che hanno approcciato –chi con dolcezza, chi con minor garbatezza- alla porta posteriore delle mie amiche.
Scene del tipo: siamo in intimità, tu mi sali sulla schiena e… “ehi!” E lui: “aaaaah…” oppure: “Ops”.
Cose dell’altro mondo.
Sono certa, però, che almeno una delle mie amiche ha reagito davvero male e gli ha  ricambiato pan per focaccia –non scendo nei dettagli, ma vi consiglio di tenere a portata di mano, sul comodino per esempio, un tubetto di vasellina per ogni evenienza.

Ecco, credo che questi siano i top racconti sexual che mi siano mai stati fatti, o almeno i più divertenti.
Non dico che degli episodi sparsi collochino tutto il genere maschile al di sotto della media, in quanto a QI, ma sicuramente non li confermano come déi del sesso né come esseri intelligenti a livello emotivo (il ragazzo del piercing precoce avrebbe sicuramente bisogno di una mano, o perlomeno di un cleenex.)

Dopotutto, però, mi rendo conto che ci assomigliamo: quando il corpo lavora, la testa perde tutte le sue funzioni, sia per i maschi sia per le femmine, con l’unica differenza che, più tardi, finito l’impeachment, un barlume di assennatezza torna a splendere nella mente delle donne, e ci reniamo conto della gravità della situazione.

Beata inconsapevolezza.