martedì 28 ottobre 2014

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Un cugino psicologo di Yaia le dice sempre:”Se vai al supermercato per comprare banane e poi chiedi meloni, non te la prendere se torni a casa coi meloni.”
Decontestualizzata, l’affermazione sfiora livelli di follia che neanche il Cottolengo, con tutto il rispetto. Ma si addice molto, d’altra parte, ai discorsi imparanoiati su tipici di una certa ora della notte, e tipici dii un certo gruppo di amiche. Il messaggio è semplice: noi donne vogliamo delle cose, eppure ci ritroviamo con altre, e ne siamo insoddisfatte.
Oddio, storia e letteratura sono piene di donne frustrate a causa delle loro scelte: Emma, Gertrude, Agrippina… Nel caso di Agrippina, credo che anch’io non avrei reagito bene, partendo con un nome del genere per affrontare la vita. Fatto sta che questi personaggioni eran di un’insoddisfazione da mangiarsi le unghie almeno almeno fino alla falangina –non voglio neanche immaginare cosa sarebbe successo se al tempo dell’imperatore Claudio fossero esistite le Phil Morris: probabilmente l’imperatrice se ne sarebbe infilata una in ogni pertugio del suo corpo e se ne sarebbe rimasta lì, stesa di fianco, a fumare dalla radice dei capelli e dalle palle degli occhi iniettati di sangue per il nervoso.
Eh, sì, mie care: quelle donne erano insoddisfatte proprio come lo siamo noi, anche se ci separano pagine e pagine d’altri romanzi e secoli di inenarrabili avvenimenti: Emma aveva sposato l’uomo sbagliato; dalla vita si aspettava di più. Gertrude s’era fatta suora, ma dalla vita voleva di più. Agrippina era così scontenta delle sue cose che pare abbia preso il toto per le corna ed avvelenato suo marito (peraltro, l’unico decente della sua dinastia).
E noi, allo stesso modo, diciamo di desiderare di più: il Vero Amore, un Lavoro, Figli… Eppure ci comportiamo come se volessimo meloni, non banane. Le nostre precorritrici, inoltre, erano quasi giustificate, essendo sottoposte ad ogni tipo di prepotenza fisica e mentale: se tuo papà ti voleva suora e tu ti rifiutavi, ti svergognavano alla stregua della peggior prosty, finivi in mezzo alla strada e come minimo, per mantenerti da sola, ti toccava farlo davvero, il mestiere.
Non prendiamo nemmeno in considerazioni l’idea di sposarsi con chi si voleva, o quella di prendere da parte il proprio partner ed esporgli tranquillamente ciò che turbava l’animo, come invece siamo libere di fare adesso. Adesso che le nostre madri hanno fatto la rivoluzione femminista per noi, adesso che possiamo svolgere le stesse professioni degli uomini –quelle da cui prima eravamo escluse-, adesso che il mondo è aperto davanti a noi, con le sue scuola, i teatri, le altre donne, le avventure e le rivoluzioni che non hanno potuto vivere Emma, Gertrude, Agrippina, Messalina (bè, forse Messalina alcune le ha vissute, buona donna).
Cosa stiamo aspettando? Perché ci ritroviamo, ancora, insoddisfatte? La crisi, la disoccupazione, l’essere single o l’essere sposate… non saranno solo scuse? Scuse banali e tristi per non andare nel mondo. Scuse per non affrontare la realtà, e cioè che tocca a noi.
Rimanendo sedute sul divano da mattina a sera a guardare stronzate da cerebrolesi stiamo offendendo la memoria di chi ha combattuto perché noi potessimo laurearci ed indossare i pantaloni senza esser tacciate di zoccolaggine; non inseguendo i nostri sogni stiamo gettando nel cesso le vite di tutte quelle donne che non potevano scegliere cosa fare di sé, del proprio talento, dei propri uteri e della vita in generale.

Mi autorivolgo un appello: Paola, svegliati. Decidi cosa vuoi e poi vai a prenderlo. E, al supermercato, ordina banane. Io voglio di più, e voi?

martedì 21 ottobre 2014

INTERVISTA: DONNE E LAVORO

…da cui si deduce che sarebbe meglio se tutte ci dessimo ai “lavoretti”.

Aujourd’hui parliamo di lavoro e di donne che lavorano. O che sono senza occupazione. Vi propongo un’intervista a due voci rilasciata da persone che non fanno parte della mia cerchia di amicizie più strette, vivono in paesi abbastanza piccoli e sono maggiorenni, ma sotto i trent’anni. Prima troverete  le domande e le risposte dedicate alla donna che, al momento, si trova senza contratto di lavoro, poi  quelle della donna attualmente impiegata.Non vi dico altro. L’intervista, data la sua natura e dato il tema crudelmente delicato, dovrebbe parlare da sé.


Donna disoccupata

Iniziamo con alcune domande per rompere il ghiaccio…
Sei una donna…?
Intelligente.
Il tuo uomo ideale tre i personaggi famosi?
Philip Seymour Hoffman.
Libro preferito?
Oceano mare, Baricco.
La canzone che hai ascoltato di più nella tua vita.
Rimmel di De Gregori.
Perché hai accettato l’intervista?
Perché è interessante ed io sono una persona curiosa.

Passiamo alle domande “vere”.
Qual è il tuo titolo di studio?
Laurea triennale.
Situazione abitativa.
Vivo con i miei genitori.
Da quanto tempo sei senza contratto?
Da circa quattro mesi.
Quanti colloqui hai avuto in questi mesi?
Tra i cinque e i dieci.
Il tuo titolo di studio ti sta aiutando a trovare un nuovo lavoro?
Assolutamente no.
Ti piaceva il  tuo lavoro?
Sì.
Cosa ti manca di più dell’essere una donna che lavora?
Il fatto di uscire di casa la mattina, nonostante la giornata, bella o brutta che sia. E l’essere riconosciuta dagli altri come lavoratrice.
Come si svolge la tua giornata tipo, adesso?
Cerco di non alzarmi mai troppo tardi, mi preparo come se dovessi uscire sempre e comunque, vado a dare una mano a mio fratello, in ufficio, torno a preparare il pranzo per mio papà, poi nel pomeriggio faccio la baby sitter o ripetizioni, e la sera vado da qualche amico, guardo film, leggo.
La disoccupazione influisce sulla tua vita privata?
Finora non molto, perché avevo da parte gli ultimi stipendi. Ma di certo  devo stare più attenta: invece di tre giri di aperitivi ne faccio solo uno ed esco meno a cena. Novembre sarà il primo mese in cui mi troverà realmente senza stipendio…
Hai handicap fisici che ti potrebbero causare problemi a livello lavorativo nei prossimi anni?
Sì.
Se potessi scegliere, che lavoro faresti?
La bibliotecaria.
Cosa volevi fare da piccola?
La maestra. E la mamma.
Pensi di essere pronta ad avere figli?
Più che essere pronta, mi piacerebbe.
E se tua figlia, un giorno, rimanesse senza lavoro, cosa le diresti?
Se lasciasse il lavoro perché non le piace, non la forzerei. Non amo l’idea di imporre qualcosa a qualcuno. Ma se venisse licenziata, le direi di continuare a sperare: sono sempre stata convinta che, se una persona è capace, alla fine ce la farà.


Donna lavoratrice

Domande per rompere il ghiaccio…
Sei una donna…?
Poco femminile.
Uomo ideale tra i VIP?
Non mi viene nessun nome!
Libro preferito?
Oceano mare, Baricco.
Canzone più ascoltata.
Tutto Ligabue.
Perché hai accettato l’intervista?
Perché voglio diventare famosa!

Domande “vere”.
Titolo di studio?
Laurea triennale in scienze delle merendine.
Situazione abitativa.
Convivo.
Da quanto tempo lavori?
Dal 2009.
Quanti colloqui hai avuto prima di trovare lavoro?
Nessuno, sono una raccomandata.
La laurea ti ha aiutato a trovare lavoro?
No.
Ti piace quello che fai?
A tratti. Tendenzialmente, direi di no.
Cosa ami di più dell’essere una donna che occupata?
Lavoro in un ambiente maschile, quindi posso essere tranquillamente aggressiva e tirare fuori le palle.
Giornata tipo.
6.45,  sveglia. 8-18, ufficio non stop. Poi commissioni varie, cena (possibilmente non cucinata da me), divano, tv, lettura a letto.
Potendo scegliere, che lavoro faresti?
Libraia o commessa in un atelier di abiti da sposa.
Che lavoro volevi fare da piccola?
Giuro che non lo so.
Quanto influisce il lavoro sulla tua vita privata?
Molto. Sono una che si porta a casa i problemi, quindi non mi rilasso mai e tendo ad essere nervosa anche con il mio partner.
Handicap fisici?
No. Ho le gambe corte, ma questo non dovrebbe influire sul mio lavoro!
Pensi di essere pronta per avere figli?
Ad oggi e a quest’ora esatta, ti dico di sì. Poi domani vediamo.
Cosa dire a una figlia che svolgesse il tuo stesso lavoro?
E’ un buon lavoro, ma Take it easy!





martedì 14 ottobre 2014

La chimera dell'uomo single normale


Oggi sarò bre…!
Scherzone.
Allora, oggi parlerò molto concisamente degli uomini normali: ragazze, lo so che da qualche bell’anno siamo tutte convinte che non ne esistano, ma non è così. Ce ne sono addirittura di furbi!
Il mio Architetto si è offeso nel vedere che in ogni post mi scaglio in picchiata sul suo genere, ed è per questo che oggi voglio avventurarmi alla scoperta degli uomini single-normali di mia conoscenza, esaltandone alcune caratteristiche molto apprezzabili anche per le mie amiche single. Ecco i miei esempi concreti:
-Il Tego è un bel ragazzo e non se ne vanta. In più, ha un lavoro vero. Ditemi voi se è poco.
-Il mio amico Davide ha un ottimo lavoro e fa delle battute sbragate che fanno davvero ridere a crepapelle, a volte. Altri due buoni motivi per conoscerlo.
-Un altro Davide single, amico di mio marito, è giovane e ciò è positivo, perché prendendolo adesso si potrebbe plasmare a propria immagine e somiglianza. Inoltre, si affeziona facilmente.
-Il mio amico Jo è parecchio acculturato. Ci puoi parlare di qualsiasi cosa. Da non perdere.
-Un altro mio amico, Carlito, sa far tutto. E’ super capace e dinamico, e sembra sempre abbronzato.
-Uno dei fratelli di Yaia corre anche per ventidue chilometri di fila. E sa fare la birra.
-Un amico di sorella. Infermiere, molto esperto di computer, simpatico. What else?

Ragazze, ne ho trovati sette, di uomini single che conosco e che non mi diano l’idea di essere completamente inaffidabili. In tutta onestà, è stata durissima. Vorrei sapere da mio marito a chi si riferiva, quando parlava così infervorato dei tanti uomini normali e disponibili di sua conoscenza…
La sfida è lanciata.



martedì 7 ottobre 2014

Chi ha paura della sfiga nera?




Se il contrario di sfortuna è sfortuna, ne consegue che il contrario di sfiga è… e sappiamo che la donna contrassegnata da tale ortodosso aggettivo è spesso una che la dà a chiunque, proprio come la Dea Bendata della Fortuna, che dispensa i suoi servigi un po’ a casaccio –‘ndo cojo, cojo, insomma.
E’ cosa nota, d’altro canto, che la signora Sfiga ha una modalità d’azione ben più metodica: stiamo parlando di una escort molto più esigente, un tipo di bagascia che seleziona i suoi clienti in un ristrettissimo gruppo di fedelissimi, i nati sfigati.
Non prendiamoci in giro: se è stato inventato il detto Nascere con la camicia è per un motivo fondato sulla realtà, e cioè che alcune persone partono bene, nella vita. Altre, invece, son nate a stento con la canottiera, ed è su quelle che la Sfyga (leggi sfaiga) si abbatte ciclicamente, prendendo la mira, neanche avessimo scritto in fronte  Tu ammazzi un uomo morto.  E’ un po’ come per i capelli. Se vuoi farti i boccoli devi partire da una base riccia, se vuoi allisciarti la chioma, invece, devi prima asciugare dritto col fono. Ecco, io sono nata con la base asciugata sfigata. La mia parrucchiera in quel momento aveva il ciclo e ha deciso di rendermi i primi trent’anni di vita un casino totale, senza possibilità di rimborsi.
Platone era convinto che l’educazione contasse poco o niente, per il destino di un uomo, e che da un contadinotto potesse nascere un grande condottiero. Evidenziamo pure la parola destino: ognuno, a detta del venerabile Platone, nella vita potrebbe diventare un togo di prima scelta, perché se nasce “oro” sicuramente non può trasformarsi in “argento”, e se uno nasce cippalippa di certo non mi diventa il genio della lampada.
Io sono sempre stata contraria a questa visione delle cose, poiché mi toglie il controllo che penso di avere sulla mia esistenza e mi mette il dubbio che sia tutto inutile. Però è un pochino bello, a volte, immaginare di poter sbocciare in qualcosa di più grande, un giorno. E’ un po’ come dire: se sono un talento nel canto, prima o poi diventerò cantante. E’ inevitabile. E’ la mia natura. Questo cozza contro il concetto stesso di sfiga, perché ci offre la possibilità di allontanarcene: anche se sei nato in una situazione sfigata, non è detto che tu debba rimanerci per sempre.
Ecco la ragione per cui, ad una certa età, bisogna porsi alcune domande, come, ad esempio: cosa voglio fare per il resto della mia vita? Come voglio trascorrere i prossimi giorni , mesi, anni? E’ meglio portare i capelli lisci o ricci? Sono questioni di un certo spessore, che si accompagnano alla nostra personale natura –bisognerà pure darle un motivo scatenante, a questa povera natura, per uscire finalmente allo scoperto! Il difficile è slegarsi dalla paura che famiglia e società ci possano giudicare per le scelte che facciamo, e che la sfiga possa interferire nei nostri piani. Un conto è partire da una base sfigata, un altro è partire da una base vigliacca.

Non penso che a questo Platone ci abbia mai pensato. Eppure era un uomo: di vigliaccheria doveva saperne un carretto…