mercoledì 29 luglio 2015

Maturità, dieci anni dopo




Avete mai fatto il gioco del “Come ti vedi tra dieci anni?”.
Io sì, dieci anni fa.
E devo dire che l’immagine che avevo di me era diversa un carretto e mezzo rispetto alla vera me di adesso.

Non so se è un bene o un male che si faccia questo gioco ad un decennio esatto dagli esami di maturità.
Primo, perché ci si rende conto che quella è stata l’ultima volta in cui qualcuno ci ha definiti “maturi”.
Secondo, perché nel frattempo ne è passata di acqua sotto i ponti. E viene da chiedersi se i ragazzi che eravamo non ci siano affogati, sotto quei ponti.
Avevamo tutti carriere promettenti, davanti a noi: dovevamo diventare scrittori, avvocati, grandi chef e critici d’arte. Campioni di nuoto e di pallavolo, traduttori, popstar. Nel nostro piccolo, lo siamo, ma è come se la vita ci avesse slavato via le priorità di un tempo e le abbia tramutate in hobby e passioni represse sotto un mucchio di bollette da pagare, di cartellini da timbrare e di fidanzati che se ne sono andati.  
Cosa diavolo ne abbiamo fatto dei nostri anni migliori?

Ad una domanda così devastante, non si può che rispondere con aggressivo ottimismo. E’ vero, non sempre le cose sono andate per il verso giusto, ma chi dice che quello fosse il verso giusto? Ci preparano a controllare velocemente il resto al supermercato e ad allacciarci le scarpe, ma nessuno ci ha mai avvisato che non avremmo avuto alcun controllo su ciò che ci sarebbe capitato nella vita.
Io dico: però lo abbiamo vissuto. Siamo passati attraverso la tempesta, affrontando il nostro rumore bianco, e solo noi sappiamo quanto sia difficile. E, molto, spesso, ci siamo pure divertiti. Pazzi, pazzi autori di storie scritte da una mano più sapiente della nostra, che abbiamo cercato di contrastare con l’alcol e la letteratura… Chi sa se è servito. Tanto non importa. Conta solo il vissuto, e la sua intensità. Il passato non esiste più, e il futuro non esisterà mai. Solo il momento presente ci può dare qualcosa. E, se adesso noi siamo questi, lo dobbiamo alle avventure degli ultimi dieci anni.
E’ stato una bellissima festa.
Ora deve iniziarne un’altra.

Facciamo macchina unica?

mercoledì 22 luglio 2015

La crisi del rimorchio



Come voi ben sapete, l’argomento “singletudine” mi sta molto a cuore, avendo io svariate conoscenze colpite dal ‘devastante’ fenomeno.
In realtà, sembra che l’essere sole e libere da legami sentimentali non sia male, per alcune delle donne che frequento. Per altre, invece, al dramma della solitudine si aggiunge quello, altrettanto devastante, del non-rimorchio.
Il non rimorchio non è, come potrebbe sembrare, l’esatto contrario del rimorchio (che si manifesta invece con la gogna pubblica). Il non-rimorchio è forse peggiore: si tratta dell’apparente indifferenza da parte del sesso opposto nei confronti di un tentativo di abbordaggio. Insomma, non ci provano più.
Non essendo io un’esperta di lesbismo, mi limiterò a parlare della cosa dal punto di vista delle donne etero. Grazie e arrivederci.
Bene. Anzi, male. Malissimo. Il rimorchio è una delle situazioni sociali più belle in cui ci si possa trovare.  Una volta era tutto un rimorchio: praticamente, non si usciva che per quello. E ci andavano dietro jeans nuovi, trucchi, perfino la parrucchiera (se avevi messo via abbastanza dineros). Forse è per questo che è scoppiata la crisi. Non tanto per le speculazioni edilizie del 2008, quanto per la mancanza di desiderio di rimorchiare.
Siamo messi male: se viene a mancare il rimorchio, i sogni di molte donne etero potrebbero andare in frantumi nel giro di pochi anni. Niente coccole, niente anniversari, niente vacanze per due, niente cene romantiche. Ma noi, donne forti, davvero forti, possiamo permettere che il nuovo e deleterio stato d’animo degli uomini d’oggi ci rubi questi sogni? Siamo davvero disposte a naufragare sull’isola deserta senza sparare un ultimo razzo di avvistamento?
Io dico no. Se desideriamo stare per conto nostro, allora va bene. Ma se vogliamo qualcosa di diverso, dobbiamo uscire a cercarlo. Ed affinare un po’ l’arte del rimorchio. In fondo, la parità dei sessi si manifesta anche così, no? Non è detto che ci debba provare sempre e solo lui. Se, al momento, i maschi sono bloccati da una fifa tremenda, direi che per una volta possiamo dar loro un piccolo aiuto e mandare qualche segnale. Attenzione: il segnale dev’essere inequivocabile. Altrimenti non funziona. Non basta più sorridere e lanciare sguardi. Forse attaccare bottone ed offrire da bere sono segni d’interesse un po’ più espliciti.
Non ci avevo mai pensato, ma non è che non ci provano perché, con la crisi, hanno finito i soldi per pagarci un drink?
Sono tempi difficili, care mie.

E, allora, zeppe in spalla: andiam, adiam, andiamo a rimorchiar...

martedì 14 luglio 2015

Be happy




Ai membri sacri di un’antica tribù sudamericana venivano cavati gli occhi affinché i loro legittimi proprietari non potessero conoscere il mondo e non ne venissero così intaccati nelle loro grandi potenzialità. I re e le regine di quelle tribù se ne stavano rinchiusi in caverne isolate, in modo da rimanere integri e puliti nei confronti di qualsiasi distrazione o tentazione.
Noi, comuni mortali, re e regine di un quotidiano già abbastanza faticoso, non possiamo restarcene chiusi in casa, né evitare di vedere come vanno le cose in Grecia, in Libia, in Cina, nel Texas…
Le nostre sacralità sono la pizza del sabato sera e la famiglia. Niente capacità divinatorie, per noi, e niente riparo dalle brutture del mondo esterno.
Abbiamo vite semplici: di certe non verremo ricordati per particolari rituali sociali di grandezza storica o per speciali trattamenti verso gli anziani delle nostre comunità. Diciamolo: noi del Terzo millennio siamo un po’ sfigati.
E ci cresce l’ansia.

Yaia cucina torte e muffin, quand’è stressata.
Maggiolina salassa il conto in banca e trasfonde in vestiti.
Glade, semplicemente, sparisce dalla circolazione.
Una Persona Che Conosco non dorme ed è facile alla commozione.
Sole si fa lunghe guidate solitarie in posti vicini all’acqua (dovrei preoccuparmene?).
Io, quando l’ansia mi arriva alle caviglie, ballo da sola. Oppure nego la realtà e mi metto a dormire.

Noi del Terzo millennio non saremo proprio il massimo, come persone, però abbiamo escogitato un sacco di modi diversi e belli per sconfiggere la paura. Probabilmente, se avessimo incontrato uno della tribù dei cava-occhi ed avessimo sospettato che quello stava per riservarci uno dei suoi trattamenti per la sacralità, ci saremmo accucciati per terra ed avremmo risposto le nostre speranze nella riflessuologia plantare, oppure ci saremmo messi al suo fianco per scattare un selfie.

Non dei geni, certo, ma provate a trovarmi una società più simpatica della nostra. 

Libro consigliato: Il manoscritto di Brodie, Borges.

martedì 7 luglio 2015

All'uomo, all'uomo!



Credevamo di essere uscite dal tunnel: l’argomento ‘uomini’ non faceva più la sua comparsa durante i nostri aperitivi da almeno un mese.
Poi, venerdì, la ricaduta.
Una cosa di pochi istanti, una domanda, qualche commento, e siamo ripiombate tutte e quattro nel drammatico quesito: perché non rimorchio?
Ora, io e Maggiolina siamo consapevoli che una donna fidanzata o sposata non rimorchia per il semplice motivo che emana l’odore del suo uomo e tiene così lontani gli altri. Un po’ come la Citronella.
Ma per Glade e Yaia sembrerebbe non esistere una valida spiegazione alla scarsità di testosterone negli immediati paraggi. Volendo suddividere la torta in fette, potremmo dire che una fetta se la sono già mangiata entrambe; un’altra é composta di uomini insensibili che non le richiamano più; un’altra ancora costituisce la parte di uomini che le corteggiano ma non destano l’interesse delle mie amiche.
Le restanti fette… contengono senz’altro una schiera di cialtroni indecisi, infantili, ignoranti e poco equipaggiati a livello di carrozzeria.
Che situazione.
Ma sono tutti così, gli uomini??
A questo cercavamo di rispondere venerdì davanti a un Ugo. Lo so, sembra davvero una scena alla Sex and The City, ma il fatto è che le donne li hanno sul serio certi pensieri, certi sentimenti, mentre gli uomini non li esprimono. Non li hanno educati a farlo.
E dire che, se lo facessero, sarebbe tutto così semplice.
E’ vero che, in quel caso, i migliori romanzi e film mai esistiti forse non avrebbero senso di esser letti e guardati, ma per chi è in cerca del vero amore sarebbe comodo poter capire al volo chi altri c’è, in giro, che cerca la stessa cosa.
Proposta in tre step: UNO, capire cosa vogliamo;
                                       DUE, metterci al collo un bel cartello con su scritto “Cerco il vero amore/ una forte amicizia/ una botta e via”;
                                        TRE, iniziare a guardarci intorno, a partire dalle persone più vicine.
Vuoi mai che ti salti fuori qualcosa di bello.  



Film consigliato: I ponti di Madison County di Clint Eastwood.