martedì 25 agosto 2015

Il diritto di avere un bel vestito




Una delle caratteristiche del mio gruppo di alcolettura è che tutte adoriamo i vestiti.
Quando le ragazze mi chiedono dove ho preso la tal gonna o il golf, io mi vedo costretta a rispondere invariabilmente: al mercato. Qualcuno mi ha consigliato di rispondere sempre: da Armani. Ma le mie bugie mi si leggono subito nelle guance e così farei pure la figura della stolta. Sarebbe bello avere un abito di alta moda. Sentire una leggerezza nel tessuto, indossare un colore delicato e vivo, essere per una volta una specie di dea. Ogni donna merita questo, nella propria vita.

Un’altra caratteristica del nostro gruppo sono i problemi sentimentali.
Gli uomini che frequentano le mie ragazze sono un po’ come i vestiti del mercato: carini, sì, quasi belli; alcuni fanno stare bene per qualche giorno, altri si sciupano al primo giro in lavatrice… tutti finiscono nel pacco Caritas dopo un anno di uso accanito o dopo tre di ritorni di fiamma.
E’ triste. Ancor più triste se si pensa che i vestiti non fanno nulla per meritarsi un siffatto destino, mentre gli uomini…
Gli uomini ce l’hanno, la favella, la ragione, l’anima. Potrebbero dirti quello che vogliono, che non vogliono, che pensano di te. Potrebbero riuscirci, a farti sentire una dea, e non costerebbe poi molto. Non quanto un abito d’alta moda.
Ogni donna ha diritto a questo.

I vestiti del mercato si devono comprare per forza, e restano comunque amici fedeli di tante giornate e serate buie. Ma quando si parla di uomini… cerchiamo quel colore vivo, quella leggerezza, non meno, non meno di così. Perché farlo, se si può avere un Armani?
Ce ne sono, in giro. Nascosti sotto le felpe del grande magazzino e le paure due-punto-zero. Serve l’occhio da fashioniste: colore vivo, delicatezza, ci fa sentire una dea. Perché cercare di meno, se si piò avere un Armani?



venerdì 21 agosto 2015

L'ultimo cielo dei "venti"




L’estate in corso ci ha fornito un’alternanza di solleone e di cieli a pecorelle: bollettino meteo by Paola, qui per voi.
Mi chiedo se tali stravaganti forme di clima animalizzato non nascondano una sorta di presagio per le nostre ferie.
Il gran caldo ci ha spinto a comportarci da leoni: drink come se piovesse (appunto), anguria ghiacciata, doccia gelata e tanti, tanti colpi al cuore –maledetta la bassa pressione o il nostro cervello di gallina?
Poi, con il celeste tappeto appeso lassù pieno zeppo di cumulonembi a forma di ovino, ci siamo rilassati ed abbiamo cominciato a illuderci che le cose potessero andare meglio. E le pecorelle le abbiamo ricreate quaggiù, dimentichi del dolore che deriva da una simile condizione…
Che teste. Che anime. Mai una mezza misura, mai una gioia. Parole sempre lamentose e dolci come le olive ancora attaccate al ramo escono dalle nostre bocche, distorte dalla noia e dalla cancrena del risentimento che alimentiamo ogni ora di ogni giorno.
Predicozzo apocalittico, questa settimana.

La svolta potrebbe venire dal fatto che in molti considerano agosto il mese “giro di boa”. Un po’ come il mercoledì. O le quattro e mezza del pomeriggio.
Per me questo agosto è il mio ultimo mese di vera estate da ventenne.
E il clima è stato importante. C’ha preso: sono nata in un secolo di grandi contrasti, dove la legge del “mettersi a novanta” per sopravvivere imperava più che mai. Un secolo con due guerre mondiali, il femminismo di seconda ondata, la disco music e Calvino. Non mi stupisco che ci sia stato un tornado in Veneto.
Il meteo ha omaggiato leoni e pecorelle allo stesso modo, senza risparmiare nessuno. Mi ricorda un altro grande evento a cui tutti siamo soggetti e sottomessi…
Bene, in quest’ultima estate da ventenne ho cercato di mettere da parte le lamentele e di seguire il flusso: abbronzatura sotto il solleone e felpa di lana al primo accenno di merinos nel cielo.
Sarò esagerata, ma sono nata nel Novecento.
Che ci posso far, se ho nel sangue un misto di paura, libertà e nostalgico senso della bellezza per il futuro.

Libro consigliato: Novecento, A.Bar

martedì 4 agosto 2015

Le semplici e le complicate


Ci sono persone a cui non importa di cose come morte, fine e tristezza.
Lo dico perché, di solito, le donne sono ossessionate da queste tre circostanze, ed in particolare:

A-     dalla morte violenta (siamo tutte convinte di essere molto importanti e che verremo uccise dal nemico numero uno di James Bond)
B-      dalla paura che ci venga una “brutta malattia”
C-      dalla malinconia relativa al passato, alla nostra situazione presente, al futuro incerto.

Insomma, siamo ossessionate e terrorizzate da tutto.
Ma alcune donne non lo sono e vivono la vita in maniera forse più autentica di noi, che abbiamo il male di esistere. Noi che siamo sempre alla ricerca di qualcosa, che ci scriviamo messaggi in piena notte e non siamo mai soddisfatte del nostro lavoro. Noi che crediamo nel Grande Amore e nella vita dei sogni.
Non dico sia sbagliato, procedere così.
Però a volte mi ritrovo ad invidiare coloro che sanno apprezzare una giornata “normale”, una routine, un obiettivo raggiungibile ed intelligente…
Chi sia più vero –noi o le anime semplici- non sto a sindacarlo.
Infine, siamo tutte donne nella schifosa situazione di donne, e questo ci rende, di base, tutte ottime amiche.