martedì 29 luglio 2014

La lavatrice

Da piccola leggevo sempre un libro intitolato Quando si ruppe la lavatrice. Lo trovavo fantastico.
Ora che sono adulta e la lavatrice si è rotta davvero, mi chiedo cosa ci fosse di così accattivante in quella storia. La storia della mia vita mi ha disilluso perfino riguardo alle letture d’infanzia.
Naturalmente esagero. La mia vita è splendida, ma la lavatrice si è rotta sul serio, e così ho dovuto strizzare a mano due carichi e asciugare il pavimento di due intere stanze ben prima che si verificasse il nubifragio in Veneto. Una cosa simile è successa, non molto tempo fa, a Maggiolina: gli elettrodomestici di tutto il paese devono essersi messi d’accordo ed ora è in atto un ammutinamento centrifugale, in cui sono coinvolte anche le mie palle.
Com’era bello quando, a queste cose, ci pensavano i genitori! Quand’è che siamo passati da figli a persone adulte e responsabili, o meglio, sobbarcate di responsabilità? Nessuno ci aveva avvisato che sarebbe stato così. Crescere sembrava Un gioco da ragazzi (altro libro molto figo); crescere , fino a qualche anno fa, significava solo divertirsi di più, essere liberi e libere, guidare la macchina, finire la scuola.
Ora, ci rendiamo conto che la scuola ci ha finiti, la macchina ci domina con la sua assicurazione molto poco rassicurante, la libertà è limitata dal costo delle vacanze e il divertimento è il meno.
Essere grandi fa schifo, diciamolo onestamente. In più, nessuno ti dice, finché sei piccolo, che le relazioni non si possono buttare via subito quando si “rompono”. Sarebbe più facile mollare un fidanzato demente, se lo avessimo in garanzia per due anni come un forno a microonde. Potremmo andare ai casalinghi e scegliere un altro articolo, magari autopulente. Ho sposato un microonde: chef sopraffino, veloce, e si lucida da solo! E’ il sogno segreto di ogni moglie italiana vecchio stampo. Un po’ noioso, forse, e non ti fa avere grandi picchi di piacere. Però sei sicura di non soffrire, quando sbaglia o si inceppa. In fondo, è solo un elettrodomestico.
Bene, noialtri umani siamo notoriamente diversi dai robot, e pertanto ci ritroviamo a soffrire parecchio nel corso della nostra vita. Per fortuna, ci sono tante cose che si possono comunque cambiare, se non piacciono: un lavoro, una casa, un vestito, un piatto al ristorante… Con gli uomini è un po’ più difficile: noi ragazze abbiamo la tendenza ad affezionarci anche ai prodotti che non hanno mai funzionato bene e a tentare di aggiustarli in tutti i modi. C’è un ottimo scotch che si chiama Amore, ma non basta. Le lavatrici di ogggi sono complicate e serve qualcosa di più: una conoscenza specifica ed altamente professionale del prodotto, come minimo, senza contare che le istruzioni sono spesso in una lingua per noi incomprensibile.

Ci sono momenti fatidici, nella vita di ognuno. Momenti in cui si butta via… Ci vuole un bel coraggio, ma poi ci si sente meglio. C’è più spazio intorno, si respira… e poi arriva una cosa nuova. L’avrai pagata a caro prezzo, eppure è lì, ed è bellissima.

Quand’è stato il vostro momento fatidico? Siete mai stati così coraggiosi? 

martedì 22 luglio 2014

Coccole o zoccole?


Nell’ultimo film di Ozpetek c’è un personaggio molto simpatico che ama affermare: Il mio motto? Sobrietà.
Non posso dire lo stesso di me e delle mie amiche.
Giovedì scorso ci siamo recate (by Architetto’s taxi) al celeberrimo baretto lacunare di cui ogni tanto parlo. E’ stato un piccolo delirio di mezza estate. Tra i miei appunti relativi alla serata ho trovato annotate due parole: potenziali zoccole. Che Dio mi benedica! Cos’avrò voluto dire? Quale terribile conversazione potrò mai aver avuto all’una di notte con tre amiche ubriache, alla presenza del mio novello sposo? Bisogna vederci chiaro.
Sto pensando che questo fine settimana, nel nostro ameno paese, c’è stata una festa di polletti e danze popolari: passando, ho intravisto ballare in mezzo alla pista orde di bambini e bambine, al tam-tam irresistibile di Pinguiiii-no…avanti, avanti, avanti!
Un tempo, anche noi trentenni ci scatenavamo senza vergogna sulla pista da pattinaggio, correndo in mezzo alle coppie che ballavano il valzer con il collo rigido, o dimenandoci anche noi in pazze polke e salse. Ora ci è rimasta soltanto la salsa barbecue, e di pazzo facciamo solo un weekend ogni tanto.
Il punto è: le ragazzine che domenica si divertivano senza pudore in pista sono le stesse che eravamo noi, ovvero le zoccole di domani (e così dicendo ho dato delle zoccole a tutte quelle della mia età)? Oppure, crescendo, perderanno quell’atteggiamento da “zanzare” e svilupperanno un’inusitata voglia di coccole?
Sì, perché ho visto come ballano le potenziali, giovani zoccole di adesso, e forse l’uso della parola potenziali è superfluo. Va bene che anche noi sculettavamo un po’ a bordo campo e davamo fastidio al fan club dei Rodigini con le nostre scorribande, ma erano moti infantili, tentativi prepuberali di darsi un tono. Qua, invece, la situazione si è aggravata di molto, e sono convinta che gran parte della colpa l’abbia la moda degli shorts di jeans.
Parlo come parlerebbe mia nonna cattolica, se fosse ancora con noi. Allora, è vero che le ragazzine di oggi sono precocine, o lo ero anch’io, e non me ne rendevo conto? Siamo state tutte potenziali zoccole? Ed è per questo che, adesso, superata la fase Darla (n.d.r., non è una mia amica), siamo alla disperata ricerca di coccole?
Yaia nega. Lei non ama le coccole.
Secondo me invece è così. In ognuna di noi alberga una potenziale bad girl che, prima o poi, deve venir fuori: ora come ora, più prima che poi. Ma, dopo qualche anno, si ammette di aver bisogno di affetto, ed è la parte più dura. Perché, quando eri adolescente, ti bastava scoppiare in lacrime, correre dalla sorella, scrivere sul diario, abbracciare un peluche, chiamare l’amica del cuore. Da adulte, solo un paio di queste cose servono veramente a dare sollievo. Per alleviare le pene dell’invecchiamento, purtroppo, non basta più un semplice placebo. A un certo punto, si vuole essere amate davvero. Da zoccole si passa a coccole e si sta a vedere se passa anche qualche uomo a cui interessi la cosa.
Complicazioni su complicazioni. E’ bello, però, sapere che nelle giovani zanzare di oggi si nascondono le tenere orsacchiotte di domani. L’amore è l’unica cosa nella storia e nell’universo che non si esaurisce mai, non cala i suoi slanci, non smette di assediare le nostre città.

E come la mettiamo con coloro che, tra un po’, saranno ventenni e verranno a reclamare agli uomini la loro parte di affetto? Dovremo scendere dalle barricate ed iniziare a lottare sul serio. Meglio fare scorta di coccole finché si può.

martedì 15 luglio 2014

Uomini che non richiamano le donne

Conosciamo tutti la fortunata trilogia di Stieg Larsson Uomini che odiano le donne.
Il titolo del mio post trae spunto dalla storia della tostissima Lisbeth per parlare di un argomento molto meno dark, ma che ogni anno trasforma innumerevoli donne in vendicative hacker dal trucco sbavato. Motivo: la sparizione di un uomo in seguito a un appuntamento.
Ho fatto un mini-sondaggio su Facebook, chiedendo a tutti quanto tempo dovrebbe metterci un uomo a richiamare una donna dopo che l’ha conosciuta. Si presupponeva che, durante l’appuntamento, riconosciuto come tale in via preventiva da entrambe le parti, fosse stata percepita sia da lui sia da lei una certa atmosfera d’intesa, e che i due si fossero lasciati con il chiaro desiderio di… rivedersi presto. Infine, appuntamento andato bene, ci si piace, buonanotte e grazie per la cena, magari ci scappa anche il bacio di fine serata… A questo punto, e alla luce dei racconti da Chi l’ha visto? che odo dalle mie amiche di bevuta, ci si aspetta una telefonata nei duri tempi a seguire.
Dato che frequento per lo più esseri viventi vulvo-muniti, ho posto la domanda al sesso opposto: men, quanto tempo ci mettete a richiamare una donna dopo un appuntamento ben riuscito?
Risposte variegate e stramboidi, dal mio punto di vista. Qualcuno ha detto: due o tre giorni. Che, per una ragazza in fissa (e quando non lo siamo?), è il limite massimo di sopportazione.
Altri, secondo me più saggi, hanno risposto: il giorno dopo. Molto bene. Sappiate che è quelle che vogliamo. Se vi piace la donna, cercatela. Non farlo sarebbe come apprezzare la carne e andare a cena al vegano.
Certo, posso capire le spiegazioni di chi mi ha detto che la donna va lasciata “penare” un po’ e che, se è interessata, richiamerà lei. E’ giusto. Trovo però che le ragazze in questo senso non abbaino problemi, anzi: quando una tipa si infiga, stai sicuro che ti richiama venti volte già nel tragitto tra la sua porta di casa e la macchina.
Poi c’è stato il guru del corteggiamento, il dio della galanteria, il leader dei romantici incompresi, ovvero colui che mi ha detto che, sin dal momento in cui ci si saluta, inizia a pensare al messaggino da inviarle di lì a pochi minuti. Bello. Del tipo: Non interrompiamo il legame che si è creato. Addormentiamoci con il sorriso sulle labbra, e non con il pensiero di non sapere se lui, domani, si ricorderà che esistiamo o se dovremo considerarlo un oggetto smarrito. Questo è quello che vogliono tutte le donne. A benedire il brivido della caccia: è solo una scusa per giustificare il fatto di essere ancora single. Le donne vogliono legami veri, vogliono il Grande Amore, vogliono amare sentendosi riamate, e non una storia da masochisti in cui lui è stato bene ma non richiama per vedere quanto ci tiene lei. Se vedi una bella torta in una bottega, e la vuoi davvero, non aspetti che la torta salti fuori dalla vetrina e ti implori di mangiarla, no? Vai e la sposi. Cioè, volevo dire la compri.
Ora, ciò detto, è ovvio che il discorso vale per ambo le parti, e anche per i lesbici e per chiunque altro. Ti piace una persona? Cercala. Come canta Elisa: se ti cerca è perché ti vuole ancora.
Non ti piace? Magari non sparire. Spiega. Brevemente, ma spiega. Non succede niente. Non siamo tutti dei fragili bambolotti senza spina dorsale: possiamo sopportare di non piacere al cento per cento ad ogni individuo sulla faccia della Terra. Se così fosse, il mondo sarebbe una perenne orgia istintuale e credo proprio che non verrebbe celebrato alcun matrimonio, non esisterebbe educazione, civiltà, futuro.
Ma sembra che le donne abbiano messo su già da parecchio una bella scorza dura e che siano perfettamente in grado di sentire parole come: non penso sia il caso di vedersi ancora. Men, sappiatelo: se dopo un buon appuntamento sparite, la donna penserà solo di non piacervi abbastanza. Oppure che siete partiti in missione per Saturno. Se, invece, la richiamate, lei è contenta e si verifica uno dei rarissimi casi in cui, ad un’azione, corrisponde per la donna una certa, adeguata reazione. Non pensate che sia furbo comportarsi al contrario. Nella situazione appuntamento, la donna vuole solo verità: gli piaccio, mi cerca; non gli piaccio, non mi cerca più.
Per passare dal generale al particolare, posso affermare che il novanta per cento delle mie amiche è stata vittima di una sparizione post-appuntamento, mentre avrebbe preferito essere soggetta a coccole post-coitum. Yaia ha conosciuto uno ad un matrimonio e lo ha risentito dopo dieci giorni, quando orami la sua autostima femminile era ai livelli della fossa delle Marianne. Glade si è quasi innamorata di un tale che, lasciato a se stesso, avrebbe latitato fino a consumarsi fisicamente pur di non darle spiegazioni. Una volta un ragazzo con i capelli rossi mi diede buca a un appuntamento che mi implorava da mesi… Non l’ho mai più visto. Fonti sicure mi confermano che è ancora tra noi.
Questa è un’altra storia, ma, in tutta onestà, Pel di Carota proprio non l’ho capito.


martedì 8 luglio 2014

VaCCanze!



Partiamo, come sempre, dalla base: vacare, per i nostri simpatici ed alquanto dotti padri latini, significava essere liberi da impegni e da occupazioni, in completa pacchia, insomma.
Ora, per noi indegni pronipoti di tanta schietta cultura, la parola “vacanza” ha assunto una sfumatura lievemente più… ludica, ecco. Vacanza, per la mia mondaiola generazione, fa rima con danza, paranza, e vaCCanza. Dicesi vaccanza: attività a cui si dedicano durante le ferie le signore e i signori dagli usi e costumi liberi (o meglio: usi assai lisi e costumi succinti), che prevede la distribuzione generosa, quasi sacrificale, dei propri temperamenti artistici in fatto di amatoria ed avventura.
Mi spiace constatare il fatto che, come spesso accade in materia lessicale, l’italiano è sessista anche nei confronti degli animali femmine: perché chiamare in causa la povera vacca per connotare in senso troiesco una ragazza? Per giunta, non v’è alcun paragone zoologico che insulti così apertamente l’uomo farfallone –oddio, mi accorgo di averlo appena scritto: farfallone. E grazie! La farfalla è carina, leggiadra, delicata. Noi invece siamo messe a confronto con le mucche. Mavaff! La vacca è l’animale meno sexy del mondo, anche meno della bradipa (che secondo me ha un bel sedere) e della gallina, la quale, non essendo molto intelligente, pare debba compensare le lacune intellettuali con un sex-appeal indimenticabile. Sembra che perfino le foche abbiamo orgasmi così forti da far letteralmente inebetire i loro partner (non chiedetemi da dove attingo queste informazioni, ve ne prego).
Ebbene, anche stavolta mi vedo costretta a proporre il mio neologismo personale per indicare le persone particolarmente abili, o dovrei dire hard-bili. Eccolo che arriva: non chiamate più costoro “vacche”, ma “zanzare”. Chi, durante la notte, non ha esclamato quella parola che inizia con la P, finisce per A e contiene le letterine U-T-T-A-N-A sentendosi ronzare nel timpano il suddetto inutile animale?
Bene. Prima di chiudere, un ragguaglio veloce sulle vacanze delle mie amiche: la superspessa Yaia è partita ieri per la Spagna con un suo amico, e non mi pronuncio oltre.
Glade sta pensando anch’essa a un viaggio, ma non ne so molto di più. Necessario indagare.
La Anita quest’estate non avrà nemmeno il tempo –passatemi la scarsa eleganza- di andare a pisciare e trascorrerà al massimo qualche week end di lavoro tra i monti dei nostri gemelli d’oltralpe.
Una Persona Che Conosco è andata in crociera e mi ha confessato d’aver trangugiato due o tre pizze al giorno e almeno quattro brioches a colazione. Credo di potermi dire portavoce di tutte le lettrici presenti che conoscono questa Persona rivolgendole un invito ad andare di nuovo in crociera fino a quel paese, dato che è tornata forse ancor più in forma di prima.
Maggiolina andrà in vacanza con il suo Maggiolone a settembre. Nel frattempo, l’abbiamo convinta a trascorrere una serata di svacco (tanto per stare in tema… muuuu) presso un piacevole sito lacustre, ove non mancano alcolici –per le impegnate- e zanzarini muscolosi –per le single.
Io e Architetto siamo già stati in viaggio di nozze, quindi non meritiamo una seconda occasione di svago, ma stiamo considerando l’idea di approdare in camper alla famigerata festa della birra in Tirolo, all’inizio dell’autunno. Ci aggiorniamo?
Ora vi saluto perché c'è il temporale e ho paura che mi vada alle verze il pc. Se vedemio, pupi!



martedì 1 luglio 2014

Principessa sarai tu!


Da piccola, la mia “principessa” preferita era Belle, la brunetta de La Bella e la Bestia. La dice lunga il fatto che Belle non fosse affatto di nobili origini, ma solo figlia di un inventore sbalestrato alla quale piaceva tanto leggere.
Credo di aver adorato questa eroina alla stregua di una dea egizia della fertilità per vari motivi: perché aveva i capelli marroni sempre raccolti in una coda bassa, come me, o forse perché è stata l’unica protagonista Disney con il vestito da sera del mio colore preferito, il giallo, o forse perché, già al tempo, godevo nel vederla rifiutare il belloccio Gaston ed innamorarsi dell’irsuto Bestia (come diavolo si chiamava il suo principe?’). Che drammaticità nella scena in cui lui sta morendo sul poggiolo, e dalla rosa magica si stacca, lentissimo, l’ultimo petalo!!! Che profondità nel messaggio del film, che voleva educarci a scrutare dentro le persone, andando oltre le apparenze!
In realtà, credo di aver amato La Bella e la Bestia soprattutto perché è stato il primo cartone che ho visto al cinema, e perché l’ho visto con una donna molto importante nella mia vita.
Una volta cresciuta, mi chiedo se sono diventata una principessa alla Belle o alla Biancaneve, relegata nella casetta dei nani a fare le pulizie e a cantare con i passeri (delirio). Maggiolina ha sostenuto, durante un aperitivo assoluto avvenuto non più tardi dell’altra sera, che dentro ognuna di noi scorre il sangue reale di una principessina; Glade ha ribadito che, però, al giorno d’oggi se provi a comportarti come tale la gente ti taglia di netto le gambine.
Personalmente, detesto la parola stessa: principessa non è altro che il femminile di principe. Grazie tante. Non meritiamo una parola nobile tutta nostra? D’ora in poi, le ragazze forti potranno denominarsi super-pesse. Cosa ne dite?
Ora, il fatto è questo: come super-pesse, ci tagliano le gambe perché ci comportiamo da princi(pesse) o perché spaventiamo il prossimo con il nostro carattere para-mascolino? Siamo smorfiose e viziate o siamo diventate insensibili e spietate al pari di squali affamati?
Le due opzioni non sono un granché, ma preferisco comunque la seconda, perché include un cambiamento. Tra qualche anno, le donne troveranno nu buon equilibrio tra il rosa shocking e il maculato, e allora potremo essere semplicemente noi stesse. Pesse.
E gli uomini, che una volta si dichiaravano cavalieri, azzurri e impavidi? Che si sveglino fuori ed imparino la differenza tra quella stupida gnocca di Rosaspina e una vera gnocca turca, ribelle e coraggiosa, come Jasmine!

Oggi non c'è video, ma voglio consigliarvene uno: andate su YouTube e guardate l'audizione di Carlos Guevara per X-Factor USA...