martedì 24 marzo 2015

Messe come il porco




Molti di voi si chiederanno cosa diamine significa questo strano titolo.
Vi spiego.
Le donne di oggi, contrariamente a quanto si possa pensare, non sono quelle fortunelle mangiauomini con gli stessi diritti delle loro pietanze (gli uomini). No: oltre alla bella cosa d’esser nate donne, situazione già di per sé problematica, nel 2015 le signore devono affrontare altri ed ulteriori casini, vedi la crisi, malattie nuove, la maternità “attempata” e l’aggravarsi della stupidità generale delle persone, che impedisce a tanta gente buona e simpatica di avere una relazione duratura.
Una donna della classe media, ora come ora, si sveglia a orari indecenti per guadagnare due soldi, e magari continua pure a studiare, si ammazza di cibo biologico per risparmiare sui dottori e sugli antibiotici e se non sta bene non fa richiesta di invalidità perché pensa di farcela da sola.
Se è fidanzata o sposata ha l’ansia delle bollette e dell’affitto e dell’abbandono e…
Se, invece, è single, ha l’ansia di uscire di casa, di emanciparsi dai genitori, di rientrare la sera ed essere sola con i suoi demoni.
Inoltre, la donna con il ciclo, ad oggi, è messa molto peggio di un tempo: anzi, si potrebbe dire che ha lo stesso grado di pericolosità della bomba H, perché ormai non si deprime più nelle proprie stanze, a piangere, ma se la prende con il mondo intero (e giustamente, dato che ne fa pienamente parte). Incontrare una donna con il ciclo oggi è come incontrare un orso bruno sulle montagne del Nevada: o rimani immobile e speri che la bestia non fiuti la tua paura, oppure tanto vale andare incontro al destino a braccia aperte e lasciarsi sbranare. A voi la scelta.
Poi ci sono i progetti e le ambizioni, a renderci più rabbiose: per tanto tempo noi donne non abbiamo potuto fare nulla delle nostre vite, se non giocherellarci e lavarle a fondo con i migliori detersivi; ora che abbiamo la possibilità di realizzarci, i maledetti speculatori edili del 2008 ci hanno segato le gambe e adesso siamo messe come il porco.
Eccoci.
E poi ci chiedono perché ci ritroviamo sempre a bere al bar.


martedì 17 marzo 2015

EDUCAZIONE PAESANA




L’autore della versione siberiana del mio post di oggi insegna che, da piccolo, una delle prime cose che ha imparato dai suoi famigliari è stata l’uccisione di un pollo (peraltro, difficoltosa: anche i polli ci tengono alla pelle).
Da noi, la prima cosa che ti insegnano da piccolo è il segno della croce.

L’educazione paesana, anche in un periodo storico in apparenza tanto trasparente, lascia un po’ a desiderare –chi può negarlo?  L’unica volta che, durante l’adolescenza, mi è stato parlato di argomenti vagamente sessuali da un adulto, è stato quando una dottoressa svogliata ha illustrato cause ed effetti del ciclo davanti ad una platea di sedicenni isterici. Risultato: ho creduto per molto tempo che le donne avessero almeno quattro buchi, dove non batte il sole, mentre Maggiolina ha (forse tuttora) la certezza che le mestruazioni durino ventotto giorni. Questa convinzione, però, ha permesso alle sue amiche di bistrattare gli uomini per tutto il tempo del mese, anziché solo per qualche giorno prima e dopo il mestruo.
Chiamateci stupide…

In compenso, la parrocchia propose ben tre serate dedicate al fumo, cioè: alla prevenzione nei confronti della cattiva abitudine di pippare; purtroppo, anche in questo caso l’approccio era sbagliato, perché l’esperto ci mise addosso una tale curiosità nei confronti dei vari strumenti “da fumo” che, finite le serate, credo che tutta la comunità under 18 del paese si sia fiondata dal primo spaccino di Maria, e non penso fosse la stessa Maria verso cui speravano di indirizzarci i sacerdoti dell’epoca.

Di droghe pesanti, gravidanze e traumi emotivi non se n’è mai parlato, se non tra noi, nel corso di conversazioni in cui ognuno portava le proprie informazioni –sconvolgendo puntualmente l’universo di certezze dell’altro. Più fortuna hanno avuto i ragazzi e le ragazze equipaggiati di fratelli e sorelle maggiori, i quali non esitavano a spiegare ogni tipo di argomento (dall’assorbente interno al superamento di una rottura tramite il classico “chiodo scaccia chiodo”) nel più brutale dei modi, ovvero dall’altezza di un’esperienza reale e sincera, di cui portavano già le prime cicatrici.
Ohibò, forse l’uccisione di un pollo non sarà utilissima al fine di superare l’adolescenza senza troppi danni, ma nemmeno l’omertà aiuta: nel paese degli struzzi, sembra che basti ignorare un problema per non averlo più.
Bisognerebbe insegnare alle persone giovani che, invece, quando riapri gli occhi il problema è ancora lì, anzi, è di un passo più vicino, e se non lo affronti di petto ti farà Stella! in un baleno.
A quel punto, in effetti, potrebbe risultare appropriato il segno della croce, soprattutto se devi dire ai tuoi che sei stato bocciato, sei incinto ed hai bottato la macchina con il tuo foglio rosa in tasca…



martedì 10 marzo 2015

Del buon uso del Terzo Occhio




Come sapete, io ho un debole per gli occhi (nonché l’occhio debole!).
In India c’è addirittura la credenza –nel senso di convinzione, non di mobiletto- che le persone ne abbiano tre: quelli concreti, con iride, pupilla e tutto il corredo necessario alla visione della realtà, e quello “spirituale”, il Terzo Occhio, per l’appunto, che ci permetterebbe di vedere oltre i veli della realtà illusoria e di capire meglio cosa c’è sotto, dietro, dentro.
Amo follemente tale ipotesi!
L’unico problema di questa meraviglia dell’oftalmologia extrasensoriale è che il Terzo Occhio degli uomini soffre di solito di una pesante cataratta.
E’ un fatto: le donne, dopo un’intera Storia di arresti domiciliari, figliolame ed impossibilità di realizzarsi, hanno sviluppato – forse per evasione, o per le “troppe” letture, o per conformità con le fantasie dei bambini- un carattere nuovo nel proprio DNA, quello della sensibilità e dell’empatia, che è rimasto silente nel corpo degli uomini.
Più che del Terzo Occhio, essi si interessano infatti alla loro Terza Gamba (per altro, una chimera), e quando si parla di empatia i loro occhi (quelli veri) assumono la stessa vacuità di quelli dei personaggi dei cartoni animati giapponesi quando subiscono un incantesimo. Il nulla cosmico.
Insomma, sembrerebbe impossibile avere a che fare con compagni così poco evoluti, a meno che non si decida di cavarglieli, gli occhi, estirpando il problema alla radice. Però, onde evitare il gabbio, potrebbe esistere una soluzione forse più subdola, ma certamente più sicura ed altrettanto efficace, ovvero ipnotizzarli. Lo sguardo delle donne, com’è noto, fa innamorare seduta stante: lo hanno scoperto a proprie spese Dante, Petrarca… Ergo, ragazze, sarà bene sfruttare al meglio il potere di tutti e tre gli occhi che abbiamo in dotazione e, magari, infondere un pelo di sensibilità nelle menti dei consorti.
Ulteriore, anche se dolorosa, opzione: aprire bene tutte e tre le orbite per accorgersi di quanto lui sia orangotango e cambiare obiettivo.

E' vero che la donna porta civiltà, sosteneva Virginia Woolf, ma non siamo morte nelle piazze, nelle miniere e nei manicomi per arrivare a fare da crocerossine a chi non ha imparato ad amare. 
Siamo tutte d'accordo su questo punto?

martedì 3 marzo 2015

COME UN FIORE MATTO

Ovvero: volevo fare la camionista.

Musica: Incanto.



Avete mai la sensazione che il tempo vi scorra tra le dita come sabbia e che voi, nel frattempo, non stiate concludendo un’acca?
Ecco, questa è esattamente la sensazione che mi ha trasmesso l’ultimo libro sul mio comodino, che parla di una relazione in cui lei vive con il tarlo di non riuscire a combinare niente di ciò che s’era programmata di fare una volta adulta.
Ansia.

Quand’è che è troppo tardi per sognare?

La mia generazione è senza speranza.
Siamo nati sotto Chernobyl e la nuvoletta nera ha continuato a seguirci negli studi, nel lavoro, in famiglia, in amore e nelle amicizie. L’umore ha fatto un viaggio al centro della terra, ed è ancora là che guarda i dinosauri.
A noi i sogni li hanno tolti, tradotti in un contratto a progetto, messi in appartamento minuscolo. Poi hanno buttato via la chiave e ci hanno fatto pat-pat sulla schiena, consigliandoci di dimenticare, che tanto la vita non è che sia proprio vita, è più che altro un tirare avanti.
…E noi che da piccoli volevamo suonare la chitarra elettrica davanti al mondo intero, mostrando la lingua! Che volevamo abitare in una piscina con il trampolino! E che rispondevamo con sicurezza: ”Voglio fare la ballerina. La maestra. La camionista. L’astronauta. Il fumettista. Il dottoresso. Il fiore matto.”
Illusi…

…illusi? Eppure, qualcuno cantava Use your illusions, tempo addietro. Di musicisti rock ce ne sono. Ci sono ballerine, maestre, camioniste. Allora forse si può fare. Se loro ci sono riusciti, forse non è solo un sogno.
Forse è il caso di alzarsi in piedi e stracciare quel contratto senza vita dalle mani di chi vuole farcelo firmare. Senza forse.
Perché la capacità di sognare e di immaginare un futuro migliore in realtà non può levarcela nessuno. Potranno cercare di domarci, e per un po’ potranno anche riuscirci. Ma non si può contenere un fiume in piena. Un dottoresso. Un fiore matto.
L’uomo è una macchina perfetta, però ha un difetto: pensa.

E al primo che viene a dirmi che io questo non posso farlo, ci do un pugno sulla crapa, ecco.