La gola è una seconda
bocca.
La pancia un secondo
cervello.
Così parrebbe, volendo
somatizzare.
Sarà per questo che
vengono le placche, quando non si riesce ad esprimersi?
E che stomaco e
intestino risentono tanto dei pensieri che abbiamo in testa?
Could be.
Per quanto mi riguarda,
e alla luce delle sette settimane di mal di gola sofferte negli ultimi tre
anni, mi pongo decisamente nella categoria di chi non ha il coraggio di
parlare. La mia amica Sole, invece, è agli antipodi: non riesce a trattenersi
e, quando c’è qualcosa che non va, lo dice senza mezzi termini.
L’ammiro!
Io non sono nemmeno
capace di contrattare con il padrone di casa, figuriamoci se mi sbottono con
qualcuno a cui voglio veramente bene.
Piuttosto muoio dentro,
ma taccio.
E sono proprio
disonesta.
Sole mi ha fatto capire
che non è giusto. Non sono una vera amica. E in più, mi faccio pestare addosso.
Io le h consigliato di
parlare con le persone come se stesse spiegando qualcosa a dei bambini molto
piccoli, in modo da non sbottare.
Tra tre mesi, ci
rivediamo per constatare i progressi.
Qua finisce che mi
vedrete in giro a spaccare le vetrine dei negozi come in Un giorno di ordinaria follia, mentre lei la faranno santa subito.
Ci vuole fegato per
dire alle persone ciò che si pensa, e quando lo si fa si passa pure per
stronzi.
Ma arriva un momento in
cui, tra il salvare la propria reputazione o il proprio benessere psico-fisico,
è necessario mirare dritti al secondo e aprire la bocca.
Buoni sì, però… non
esageriamo.