martedì 26 maggio 2015

REFRATTARI AL CAMBIAMENTO




Oggi vi voglio parlare di muri.
I muri sono importanti nella nostra vita: ce li abbiamo intorno fin da quando nasciamo, li compriamo, li buchiamo con i chiodi per attaccarvi il diploma e le foto di famiglia… Quante volte ho fatto rimbalzare la palla contro il muro del garage (per la gioia dei vicini)? E quante volte mi sono appoggiata al cruciale muretto, da adolescente, sperando che la mia posa risultasse abbastanza sbracata, ma anche elegante, ma anche indifferente, ma anche esplicita?
E, poi, ad un certo punto, i muri te li ritrovi dentro. Tutti noi li coltiviamo come fiori, senza accorgercene. Ma ci sono. Il cuore è come una Berlino in piena guerra fredda: diviso, in sotterraneo fermento, controllato dalla dittatura delle nostre paure.
Mi chiedo spesso da che parte del Muro sarei stata, a metà anni Sessanta, se nel blocco sovietico o nella metà occidentale. Da che parte sto quando penso a me stessa? Un colore predomina, il rosso, e sento bello forte il mio ventricolo sinistro, però non posso scegliere: ho bisogno di essere libera. Libera di andare e venire di qua e di là dal muro, e di sfidare la paura, ogni tanto.
Per tutta la vita siamo costretti a sentirci appellare con le più disparate etichette: dottore, moglie, assessore, gay, slavo, bionda, cicciottello… E non lasciamo quasi mai intendere quale sarebbe la risposta della nostra città interiore, se solo avessimo il coraggio di farla emergere.
Se solo avessimo il coraggio di ammettere come stiamo, se solo avessimo il coraggio di ribattere alle ingiustizie e di dire la verità.
Non più tardi di ventisei anni fa c’è stato qualcuno che ha buttato giù un Muro sotto la minaccia delle armi. Noi non riusciamo nemmeno a nominare ad alta voce i nostri problemi. Che degni eredi di quella conquista…
Mi ci metto dentro anch’io, è certo.
Stringiamoci tutti la mano da soli, diamoci una pacca sulla spalla e poi, per cortesia, facciamoci un po’ di forza.
Che qui a furia di pettinare le bambole ci scappa il morto per la noia.



martedì 19 maggio 2015

TRASLOCHI e TRAMBUSTI INTERIORI




Ebbene sì, dopo tre splendidi e divertentissimi anni trascorsi nell’appartamento di via “supermercato vecchio”, devo cambiare domicilio.
Non è incredibilmente commovente lasciare un luogo caro per avventurarsi verso l’ignoto?
Ed altrettanto commovente –o, meglio, tragico- sarà affrontare il trasloco. La nostra vita finirà in una cinquantina di scatoloni, poi sarà necessario avvisare cani e porci (scusate, amici dell’ASL) del cambio di residenza, ed infine ricominceremo tutto da capo, una volta arrivati “di là”. Svuotare, riordinare, spolverare… Chissà quante cose andranno perse o rotte (il mio motto è ottimismo) e chissà come ci si troverà in un posto nuovo, diverso dalle proprie abitudini… Probabilmente, la prima notte andrò a fare la pipì nella cabina armadio.
Come si fa a trasferirsi senza danni, senza cocci? Ed il futuro… è davvero possibile andargli incontro serenamente?
Mi sovviene Leopardi. L’altro ieri, un’alunna mi ha chiesto perché il giovane poeta fosse rimasto deluso dal soggiorno romano: le ho risposto –sbagliando- che Giacomo aveva un carattere un po’ particolare e che si era bruciato l’adolescenza sui libri. A ben pensarci, invece, avrei dovuto dirle che era rimato deluso dal panorama intellettuale, ma anche da quello umano. Uno non si trasferisce a Roma da un’altra regione per sorseggiare il tè parlando di cappellini.
Se Leopardi avesse viaggiato con me, lo avrei portato a mangiare i tramezzini e a biasimare i chiavistelli sui ponti. Avremmo ammirato le innumerevoli fontane e cercato il senso delle cose davanti a un Ugo. Lo avrei convinto a contattare su Facebook un cittadino della città eterna che ci facesse da guida, in modo da esplorare i veri tesori di Roma, quelli nascosti all’occhio isterico del turista. Ed avremmo sentito l’ancestrale dolore che accomuna tutti, una notte, sotto il Colosseo, piangendo i gladiatori, invocando gli scrittori di tutte le epoche, danzando al suono di una musica che non tace mai per nessuno.
Naturalmente, mio marito sarebbe venuto con noi. Non credo che Leopardi avesse un grande senso dell’orientamento. Orbo lui, orba io… Saremmo finiti a visitare Lamezia Terme, senza il fedele Architetto come guida.

Ecco, i traslochi non sono facili. Non tanto per gli oggetti, dico la verità, quanto per le suppellettili emotive e per le rimembranze legate a ciò da cui ci si sta allontanando. La casa nuova non è solo un quattro mura con un campanello applicato: per chi ragiona affettivamente, è un carico di aspettative e di decisioni da prendere, un banco di prova per una vita in evoluzione.
Con dentro tanto, tanto amore, si spera.
Credo fosse quello che voleva anche lui, Leopardi.
Credo sia quello che vogliamo tutti.

Nonostante la fatica, la polvere, lo scotch, i vetri rotti, e gli addii ai vicini e le presentazioni con i vicini nuovi. Nonostante la paura e le sfide che ci attendono, il naufragar sarebbe dolce in questo mare, se dentro uno scatolone avessimo tutti almeno un po’ d’amore. 

martedì 12 maggio 2015

Troppo facile





E’ troppo facile, titola uno degli straordinari racconti di Agatha Christie.
Di solito, belli miei, è proprio così.
A cosa mi riferisco? A tutto.
La nostra vita ci mette davanti a prove di valutazione che, fino a una certa età, sono una passeggiata: i bambini vedono le cose nella giusta luce, e dalla prospettiva ideale, ovvero dal basso, e le affrontano con un allegro senso di sfida, andando verso l’alto.
Gli adulti, invece, memori di tante mazzate, si ritrovano ben presto a faccia a faccia con la realtà, e si sa che è difficilissimo stare occhi negli occhi con Lei. Per lo più, si tende ad affermare:”E’ troppo bello per essere vero!”, oppure:”E’ troppo facile… dove si nasconde l’inganno?” e così giriamo le spalle anche alle poche occasioni di essere felici.
Siamo tristemente passati dal non sapere come nascono i bambini al non credere nemmeno di poterne avere più.

Siamo depressi.
Ma perché?
Quand’è che abbiamo smesso di pensare E’ troppo difficile –per poi provarci lo stesso- ed abbiamo imboccato la strada del E’ troppo facile… -per poi autoesiliarci dalla nostra stessa vita?
Le bambine che eravamo non avrebbero approvato. Loro scalciano dentro di noi, e finché non le avremo partorite non ci sarà spazio per altre gravidanze: dobbiamo tirar fuori quello che eravamo alle origini, in essenza, per poter essere veramente noi adesso. Lo dobbiamo a quelle ragazzine piene di diari, di fantasia e di aspettative.
Con che occhi mi sta guardando la mia bambina interiore? Non sarà facile, ma voglio renderla fiera di me.


martedì 5 maggio 2015

SEX AND THE PAESE-La rivoluzione dei sensi




A volte, da coppie anziane sposate da dieci lustri, si sente pronunciare la fatidica frase: Ormai abbiamo raggiunto la pace dei sensi!
Questa esclamazione è accettabile se profferita da una bisnonna con l’anca bionica esposta e l’altra anca già calata nella fossa, oppure da un trisavolo che, in gioventù, abbia fatto le sue.
Dalle mie amiche, no.

Anche se il bigottismo imperante nei piccoli paesi di provincia impedisce di dichiararlo apertamente, delle donne di neanche trent’anni senza una relazione fissa hanno una vita sessuale e sono libere di aprirsi al mondo quanto je pare. Da qualche mese, però, un terribile fenomeno sta appestando le nostre serate, affiorando sempre più spesso sulle labbra di Yaia ed altre nella forma di sette rassegnate parole: Ormai ho raggiunto la pace dei sensi.
No.
Non si può sentire.
Donne che avete intelletto d’eros, è un appello accorato quello che vi faccio: almeno fino ai sessantacinque anni, non dite, pensate, scrivete, tollerate o suggerite questa frase.
Perché poi diventa realtà.
E’ un dato di fatto che quelli tra i venti e i cinquanta siano gli anni migliori della vita fisica di una donna. Stiamo per raggiungere lo zenit. Vogliamo davvero passarci davanti con indifferenza?
Vero è che il corpo femminile rilascia un ormone abbinato all’attrazione fisica, il quale ci fa desiderare una relazione affettiva, oltre a quella meramente sessuale. Insomma: non riusciamo a non trasportare il noi dal letto a tutte le altre stanze della casa. Vogliamo l’amante e l’amico. E il marito. E il compagno comprensivo e simpatico. E bello. Meglio se occupato. Meglio se etero.
Da quando le cose sono diventate così complicate? Difficili?
Perché non si può innamorarsi del compagno di banco, sposarsi, avere dei figli sani e studiosi e raggiungere la pace dei sensi a centodieci anni, un attimo prima che venga scoperto l’elisir per l’immortalità e per la felicità eterna?
Come per le prove “invalsi”, la risposta è nella domanda.

Ci mancava solo il femminismo a metterci in testa strane ide! Tipo la libertà sessuale… Ma ormai c’è. E per fortuna. Altrimenti verremmo ancora chiamate meretrici.
E visto che qualcuno si è battuto anche per questa libertà, direi che non è giusto metterla in un cassetto e buttare via la chiave. La libertà è libertà e va sempre onorata.
A costo di fare una rivoluzione.