Poiché i guai vanno via in coppia, questa settimana la mia
lavatrice si è rotta e ho dovuto portare il carico di panni per metà fradici
nella lavanderia a pagamento.
Unica nota positiva: mentre aspettavo, davanti
all’essiccatoio, mi sentivo proprio come una newyorkese incallita, abituata ad
usufruire di servizi come questo a tutte le ore della giornata –mi mancava solo
una cena cinese take away, ma erano le nove del mattino…
Così mi sono messa comoda ed ho iniziato un nuovo libro: I fantasmi di Rowan Oak, Faulkner.
Niente di più appropriato. La sera prima, infatti, mia nonna
era venuta a farmi visita in sogno; il pomeriggio stesso, poi, dopo aver
riportato a casa sacchi di vestiti puliti, i miei nipoti mi hanno condotta in
gita al castello che sovrasta il nostro paese (ormai sono loro che accompagnano
me) e ci siamo raccontati una fregnaccia di storia paurosissima. Protagonista:
un fantasma, naturalmente.
Devo dire che i tre piccoli indiani non avevano idea che un
racconto di fantasmi potesse essere così emozionante: per loro, lo scopo della
gita era inizialmente un virtuale gioco al massacro a base di armi finte (di
quelle che riproducono il rumore degli spari a ripetizione…….. fastidio).
Per fortuna, lo spettro del castello ha messo il suo veto e
ci ha aiutati ad immergerci in un’atmosfera di gran lunga più rilassata,
immaginifica. Della serie:”Guarda quella piuma… lo sapevi che, quando vedi una
piuma nell’aria, significa che qualcuno ti sta pensando? Forse c’è il fantasma
che ci ascolta!!!” …e vai con quel sano terrore che, fino agli anni Novanta,
allenava il cuoricino dei ragazzi a battere un po’ più forte.
Una storia di fantasmi non è solo qualcosa che si dice, si
legge e poi si dimentica. E’ un mondo che si tramanda, un piccolo scrigno in
cui sono contenuti romanticismo, esotismo, esoterismo ed eternità, un’occasione
di educare alla paura e al coraggio nello stesso momento.
Come si fa ad affrontare gli squassi della vita quotidiana
se, da piccoli, non s’è provato timore per il fantasma Formaggino –e non s’è
superato, quel timore, andando fuori nel giardino buio a raccogliere i
giocattoli?
Abbiamo forse perso
i fantasmi?
E, insieme ad essi, cos’altro abbiamo perduto di importante?
Il mio fantasma, come avrete capito, è la mamma di mio padre,
vissuta con noi fino a una decina d’anni fa e morta di vecchiaia una mattina di
settembre. La sua ombra luminescente si allunga ancora nella mia vita a mano a
mano che scopro nuove cose sul suo conto, cose da donna forte, battagliera, mai
sospettate nel corso degli anni passati alla stessa tavola, gomito a gomito. Presa
dal mio vivere, il vissuto duro e anticonformista di mia nonna mi aveva solo
sfiorato la mente, le rade volte in cui mi ero fermata a sentire qualche
aneddoto di gioventù.
Dicono che, se ci si accorge di avere la casa infestata da
spettri, sia necessario parlarvi e ordinar loro di andare via. Io non credo
serva scacciarli, ma approvo la prima parte del piano, ovvero quella che
prevede di accettare le presenze del passato, riconoscerle, e conviverci. Non
sempre è una bella esperienza. Fantasma significa qualcosa che non è se non
nella fantasia, o qualcosa di un altro mondo, ignoto, oberato di particolari
spesso negativi. Il fantasma è un personaggio irrequieto, che non trova pace e,
pertanto, perseguita i vivi.
Ma alla fin fine cosa fa il povero ectoplasma di bianco
vestito? Si limita ad echeggiare nei manieri, ad aggirarsi nelle soffitte
proprio come facciamo noi di notte, in cerca di uno spuntino extra, e sotto il
lenzuolo non ha altro che un aspetto umano come il nostro, e la faccia triste
tipica di chi è passato a miglior vita.
Insomma, avere un fantasma non significa altro che avere un
passato; ricordarlo senza paura vuol dire soltanto che ce lo siamo lasciato
dietro le spalle senza rimpianti, e che ogni tanto ci va di tirarlo fuori dalla
soffitta per un po’, per provare ancora le sensazioni vertiginose che ci ha
dato quando eravamo più piccoli e più suggestionabili.
C’è chi ha un ex per fantasma, chi un figlio o un genitore,
chi afferma di non avere fantasmi (mentre li sta solo evitando).
Io credo che le persone che non ci sono più fisicamente
continuino ad aiutarci in qualche modo –in sogno, per esempio, tornando a dirci ciao e svegliati! Oppure ripresentandosi così, un giorno di settembre,
quando la testa stava spaziando in altri luoghi e all’improvviso si ritrova
dolcemente assorta in una storia d’altri tempi. E ti ci ritrovi a tuo agio
anche tu, perché sai che, fantasma o non fantasma, il momento che stai vivendo
è di pura vita reale, e per una volta non sei solo.
Ma come fai a stupirmi ed emozionarmi ogni volta? Ma come fai a scrivere cosi?! Sei come una canzone di Vasco o un film di Olmi. Leggerti..un piacere.
RispondiEliminaGrazie, grazie, grazie. E' solo quello che ho da offrire
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