martedì 24 giugno 2014

Un'avventura in più


I Mondiali sono un’ottima occasione di cuccaggio.
Lo sappiamo bene noi, nati negli anni Ottanta, che abbiamo visto perdere l’Italia con il Brasile negli autogrill, mentre andavamo in vacanza su camper scassati e mangiavamo patatine alle due di notte.
Noi che, da ragazzini, andavamo all’oratorio e ci rimpinzavamo di Calippi per tutto il tempo, e ci importava più del fratello della nostra amica che della partita.
Noi che abbiamo giubilato a Berlino, pur rimanendo qui, nel giardino di amici, truccati di azzurro e carichi di emozioni come se da quella partita dipendesse il futuro del paese.
Ecco, se il futuro dell’Italia (nazione) dipendesse dall’Italia (squadra) non so se saremmo ancora così carichi, anzi. In ogni caso, tifare per Balotelli o tifare per un qualsiasi governo non sono attività che diano grandi soddisfazioni: tanto vale dedicarsi per novanta minuti a quei simpatici babbei che hanno risolto il problema della vita corricchiando su e giù per un prato erboso, senza fingere che gliene importi qualcosa di noi, piuttosto che morire di rabbia pensando alle vacanze che si è pagato il politico X con i nostri soldi.
Quindi, ragazzi, facciamo in modo che il gioco da anestesia generale messo in campo dagli azzurri non ci deprima e teniamo alto l’umore: in fondo, i mondiali sono soprattutto un motivo in più per fare festa, per ritrovarsi davanti alla tv a mangiare schifezze e a bere birra, nonché a “socializzare”. Chissà mai che, nell’esultanza generale dovuta a un goal, quello carino seduto proprio lì si lasci prendere la mano ed inizi a dispensare baci alla francese.
Io ho già socializzato abbastanza durante le partite degli anni passati, quindi la partita la vedrò con Glade e con una mezza bottiglia di vino bianco ghiacciato. La vittoria o la sconfitta non mi cambieranno la vita, ma sarà comunque bello porgere la chioma anche quest’anno, e, tra un po’ di tempo, quando saranno le mie figlie a mollarmi a casa per correre al Grest –più veloci di Cassano-, poter dire:”Io, la partita del 25 giugno 2014, l’ho vista là ed ero felice di essere al mondo.”


martedì 17 giugno 2014

Dura lex sed ex


E’ ufficiale: gli uomini non sono allo stesso livello scolastico delle donne.
Se lo fossero, avrebbero studiato meglio il latino e saprebbero che la sillaba ex deriva da quell’affascinante lingua. Sarebbero inoltre a conoscenza del fatto che, in latino, ex significa da ed esprime un moto da luogo.
Essere l’ex di qualcuno si tradurrebbe così con la provenienza da un tempo passato, da un luogo ormai lontano da cui si sono prese le distanze con sforzo. Capito l’antifona? Sei arrivato, poi sei andato via, adesso rimani là.
Ma no. Gli uomini single, di trent’anni, che girano liberi per le strade del nostro mondo ai giorni nostri non sono bravi a scuola. La grammatica non è nelle loro corde, il concetto di “storia finita” è diventato soggetto a interpretazione, e così orde di donne affrante, anche se molto acculturate, si strappano i capelli dalle tempie ogni volta che l’ex –attraente e accodante come non mai- torna all’attacco, in cerca dell’ennesima conferma per il proprio ego.

Care amiche, sì, cerchiamo di vedere le cose con onestà: gli uomini del passato ritornano semplicemente perché si sentono soli e sanno di trovare nelle proprie ex porti sicuri a cui attraccare con loro barchino. Se volessero una relazione vera, non sparirebbero subito dopo aver gettato l’àncora, non vi chiederebbero di cazzare la gomena bensì di salire a bordo con loro, non sarebbero interessati solo alla poppa, lasciando sempre spenta la luce di prua… E’ il casi di dirlo: con i paragoni nautici sono patetica.
Allora, vediamo… Amiche di tutta una vita, l’uomo che ritorna, a mio avviso, è come il fulmine che colpisce due volte nello stesso punto: bastardo e devastante. Perché farsi ancora del male, perché ripercorrere di nuovo una via che già si conosce per quella che è, ovvero un sentiero molto pericoloso dal quale la donna esce, invariabilmente, sola e pesta? Per loro, una simile passeggiata non è altro che questo: una scampagnata, un pic nic  con un cestino ben fornito (già lo sanno) dopo il quale rincaseranno rasserenai e pasciuti.
Per noi donne, un invito a uscire a fare due passi da parte di un ex, soprattutto se è finita da poco o se c’è sempre stato un leggero tira e molla, è pari a un invito a iniziare insieme il viaggio della vita. Ella si vede già, vestita di fiori esotici, correre verso il tramonto per mano al suo amore ritrovato, finalmente affettuoso ed affidabile, ed alla fine della scena i due si giureranno amore eterno tuffandosi insieme da uno scoglio e tramutandosi in delfini al tocco dell’acqua cristallina.
L’uomo che legge il mio blog è avvisato: per una donna, il vostro continuo ritorno rappresenta questo film, cosa che vi farà rabbrividire di terrore e v’indurrà ad interrompere i contatti con lei, ancora una volta.
La tuffatrice discinta si ritroverà spataccata su uno scoglio piatto e invece di mutare in delfino dovrà andare per un anno dalla psicologa (quella per gli umani) a cercare di rimuovere il trauma.
Quindi, o uomo che leggi il mio blog, ascolta il consiglio: a meno che tu non abbia capito che la ami veramente, che hai sbagliato a lasciarla, che vuoi invecchiare con lei… a meno che tu non abbia intenzione di chiederne la mano e di dormire per sei mesi sul marciapiedi sotto il suo balcone pur di riconquistare l’amore perduto –bada bene, il suo amore, non la sua gomena-… bene, a meno che tu non sia pronto ad iniziare una vera relazione con la tua ex, non tornare. Lascia la preposizione latina davanti alla parola fidanzata, ritira l’àncora e prendi il mare da solo, che male non ti fa, anzi forse ti svegli anche un po’. Se poi ti porti via anche un libretto di latino, siamo al settimo cielo.
Tanto lo sai che, se non la ami, torni solo perché vuoi una sicura e disponibile compagnia che riscaldi le tue serate solitarie, e forse non pensi nemmeno di farle del male. Se accetta, pensi, è d’accordo. No, amore della zia. Se accetta, è perché ama, e quando si ama non si riesce s dire no tanto facilmente.

Quindi, fai una bella cosa: resta nel past e non come back per romperci le balls. Altrimenti sei un vero bastardo, come il fulmine, e noi ti auguriamo di lampeggiare da solo in mezzo al mare fino alla fine dei tuoi tuoni. 

martedì 10 giugno 2014

Il vecchio amico cervello



La settimana scorsa mi avete vista parlare di una lista: la lista dei pro e dei contro. L’ultima che ho fatto riguardava le sorelle.
Mi sono messa a pensare se il metodo “fai la lista” sia valido anche nelle altre situazioni della vita. Il lavoro, per esempio, o l’amicizia, o l’amore.
Sembrerà una cavolata mondiale mettersi a fare la lista dei pro e dei contro quando si deve prendere una decisione così importante come l’accettare o meno un lavoro, ma, pensandoci, invece è molto più saggio farla nelle occasioni più degne rispetto a quelle in cui non impieghiamo molta materia grigia. Mi spiego: non è ridicolo stare lì ad alambiccarsi il cervello sull’idea di mangiare un doppio cheeseburger o no? I contro sono evidenti: è una cosa grassa, fa male, unge mani e vestiti e ci farà sentire sicuramente in colpa per tutto il tempo in cui il panino rimarrà ancorato al nostro didietro, ovvero sei mesi o anche tutta la vita. Il pro, tuttavia, è assai forte e vince prima che inizi la competizione: il doppio cheeseburger è buono a bomba. Il momento di goduria psicosomatica è assicurato. Lo mangi cento per cento.
Ecco un’altra situazione in cui mettersi a fare la lista risulterebbe patetico: la scelta di un vestito. Che contro può mai avere un vestito? Quello di farti sembrare una pazza scatenata, o un’orca assassina. E’ semplice: il pro regna sovrano anche in questo caso, perché il vestito giusto deve solo starti bene addosso. Se calza da favola, ti piacerà. A pelle. (Una volta un commesso dalla personalità confusa voleva strizzarmi in un abito marrone-intellettuale con una cintura sui fianchi che mi faceva sembrare una taglia 1000. L’ho annientato nelle sue convinzioni fashioniste scegliendo da sola un vestito scampanato anni Cinquanta. Che ci posso fare?, mi piaceva.)
Vuoi  mettere, tu, l’utilità di scrivere un elenco coerente e coeso dei pro e dei contro relativi al cambiare lavoro? O al tagliare i ponti con un amico? In teoria, stando a questo comodo sistema, le risposte che uno cerca nella vita sono bellecchè servite su un piatto d’argento.

Eeeeh, magari fosse così semplice.
Ahi, quanto m’ingannai sull’argomento! Proprio di recente mi sono capitate una serie di circostanze che hanno portato me e le mie amiche a dover stilare la fatidica lista varie volte, e… la decisione finale è sempre ricaduta sull’opposto del risultato positivo. Motivo: l’istinto, o la paura, o l’amore.
Ecco che, in ogni momento importante della nostra vita, una di queste cose ci governa: l’istinto, la paura, l’amore. In una parola: il cuore. Benedetto! Per fortuna che è solo un muscolo involontario: chissà come saremmo ridotti, se il ventricolo destro o l’atrio sinistro avessero pure una volontà propria! Yaia direbbe che saremmo messi come il porco.
Ebbene, come del porco non si butta via niente, nemmeno di noi stessi dovremmo lasciar da parte qualcosa, soprattutto se sono emozioni così importanti e sbombanti come la paura o l’amore. Sono tutto ciò che ci rende vivi e che ci smuove un pizzichino l’elettrocardiogramma, per restare in tema.
Quindi, largo alle scelte fatte alla Carlona, alle decisioni impulsive e ai guai che ne conseguono!!! Attenzione, attenzione: se nella vostra lista dei pro e dei contro figura un solo pro, sappiate a priori che… qualsiasi decisione prendiate è sbagliata!!!! Il cuore conduce i giochi e noi, rimbambiti dalla vita e dall’effetto serra, saremo semplici  carte nelle mani di un abile joker.
Ideona: c’è un altro organo che a me sta molto simpatico, e risiede ai piani alti nel nostro corpo (anche se non sono sicura che sia un organo… mah): è il caro amico cervello, che ci differenzia dagli alberelli e dai batteri. Non dico sempre, ma ogni tanto –tipo, una volta ogni dieci anni- che ne pensate se gli facessimo una telefonata di cortesia e lo invitassimo a partecipare alle nostre scelte? Così, giusto per mantenere la vita più sul piano del divertimento disastroso che su quello del divertente disastro.
Che poi, con il disastro, il cuore non si diverte affatto.



martedì 3 giugno 2014

Sorelle: un solo pro



Mi sono accorta, dall'alto della mia bastardaggine, di non aver mai dedicato un post alle sorelle. Oggi è il giorno giusto per riparare.
A volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non avessi avuto sorelle. E mi rispondo che sarei una sfigata, perché io, di base, ho paura di tutto.
Certo che la mia esistenza sarebbe molto più tranquilla…
Resta solo una cosa da fare: la lista dei pro e dei contro. Leviamoci il dente e iniziamo con i contro. Mi rivolgo in particolare alle persone che sono figlie uniche: pay attention, please.

Elenco dei contro derivanti dall’avere sorelle
-Si litiga. Molto e per un nonnulla. Soprattutto per pulizie e vestiti, ma anche per richiamare l’attenzione dei genitori (santi subito).
-Ci si scanna in fase premestruale; tra l’altro, le donne che vivono la quotidianità a stretto contatto si sincronizzano, quindi capita spesso che cinque donne nella stessa casa ospitino dentro di sé il diavolo rosso nello stesso momento. Il padre: santo subito.
-Si gareggia: per i voti, per i risultati sportivi, per le amicizie… eccetera. Insomma, non si è mai tranquille.
-Si cresce insieme: già è difficile essere adolescenti in generale, figuriamoci con una, due, tre o quattro sorelle, maggiori o minori o entrambe le cose, che vivono in contemporanea, nella medesima abitazione, paranoie altrettanto assurde delle vostre e che non esitano ad esprimersi in proposito. Un campo minato.
-Ci sono problemi. Ognuno è diverso ed ha la sua storia, e bisogna esserci l’uno per l’altro. Sempre. Quella con le sorelle è una storia d’amore a tutti gli effetti, solo che non abbiamo deciso noi di iniziarla.

Direi che i contro sono finiti. Passiamo ai pro? Preparatevi perché ce n’è uno e basta.
Elenco dei pro derivanti dall’avere sorelle
-Non si resta mai soli.
Credo che questo pro sbaragli tutti i contro. Nella vita ci saranno sempre problemi: il dover crescere, il ciclo, le aspettative dei genitori, la casa, il lavoro, i figli che si prendono la tosse e i nonni che si spaccano l’anca…. Ci saranno momenti in cui nemmeno il nucleo incandescente della Terra è mai stato così giù, momenti in cui ogni giorno sembrerà un incontro di wrestling emozionale.
In quei momenti, in cui il balcone appare così invitante (non per buttarsi giù, ma per fumarsi una paglia, o, meglio, un intero covone), chi ha sorelle può star sicuro: tra sorelle esiste un patto più importante di quello di Varsavia –e scusate l’eresia storica- per cui non ci si abbandona mai.
Uè, non saremo fighe come Occhi di gatto, ma anche noi abbiamo firmato un accordo, lo abbiamo firmato con i geni dei nostri genitori (anzi, lo hanno firmato quei geni dei nostri genitori!) ed è per sempre. Un matrimonio in contumacia, quando non eravamo altro che un’idea.
Tutta l’ammirazione nei confronti di chi non ha sorelle e ce la fa da solo. Ma secondo me quei gran furboni dei figli unici hanno risolto in un altro modo, e cioè scegliendosi delle persone-sorelle sulle quali fare affidamento quando la vita diventa un attimo stressante.
E’ una bella mossa.
Da vera hippie propongo una società di donne in cui le “sorellate” condividano con le figlie uniche le proprie sorelle. Io le mie le noleggio, però: non le scambio. Sono molto impegnative, e poi valgono troppo.