martedì 30 giugno 2015

Dieta ipo-affettiva? No, grazie!




Siamo quello che mangiamo, dicono le ultime teorie alimentari.
Secondo me, siamo chi amiamo.
Se amiamo tutti, siamo tanta roba.
Se non amiamo nessuno, siamo nessuno.
Se amiamo a metà, siamo incompleti.
E, se amiamo troppo, prima o poi esondiamo.

Quest’estate andrò in vacanza con due ragazzi che non si fanno molti problemi a dirmi quello che pensano, quindi ho deciso di mettermi a dieta. Forse dovrei mettere a stecchetto anche i miei comportamenti e vedere se c’è qualcosa che si può migliorare.
Un simile proposito autocritico nasce in me anche da recenti scontri che ho avuto con Glade. Scena:
IO:-Ti impegni troppo poco per la nostra amicizia.
GLADE:-Questo è quanto. Prendere o lasciare.
IO:-Allora vai a quel paese.
GLADE:-Sei una aznorts (leggi al contrario).
Ve l’ho messa giù un po’ romanzata, ma il succo c’è.
E non mi va bene.
Come si fa a dosare correttamente calorie e calore umano? Fosse per me, di alcune persone mi abbufferei, mentre altre le cancellerei dal menu.
Dovrei considerare Glade come il piatto del giorno: non lo puoi ordinare ogni volta che vai a pranzo, e magari non è sempre quello che vuoi, però quando lo trovi non puoi fare a meno di essere contento.
Qualcuno mi ha detto che è sempre meglio avere più persone possibile su cui contare. E’ una specie di riserva di energia –come l’acqua nella gobba del dromedario.
Le persone che amiamo sono la nostra gobba.
Vale per il cibo come per l’amore: in fin dei conti, siamo quello che abbiamo dentro.

E chisseneimporta se, poi, fuori sembriamo un po’ gonfietti.

Libro consigliato: Crash! di Jerry Spinelli. 

mercoledì 24 giugno 2015

Papa e mammA'



Finalmente, la Chiesa si apre a divorziate e divorziati, coppie di fatto, omosessuali.
Non tanto perché ne avessero bisogno, secondo me, quanto per un minimo di coerenza nei confronti dei valori cristiani di base, così professati e poco praticati.
Ora mancano solo le donne.
Quando smetterà questa condanna ad ancelle ed assistenti, anche all’interno dell’ambiente ecclesiastico? Quand’è che le suore potranno diventare vescovi e cardinali anche in Italia? Non vi è nessun motivo per cui una donna non possa ricoprire il ruolo di papa. Nessuno. E, allora, perché non è ancora possibile? Abbiamo visto di tutto, ormai: pedofilia, ingordigia, omissioni di soccorso… Eppure un cambiamento del ruolo della donna nella Chiesa sembra il peggiore dei tabù.
Ma svegliamoci. Una donna sacerdote porterebbe solo vantaggi e positività nella mentalità ristretta e maschilista dei già sistemati uomini di Chiesa, timorosi che presenze femminili forti possano scardinare il loro prezioso sistema basato sulle tre P, ma non quelle cristiane, Povertà, Pietà e Preghiera, bensì su quelle su cui si basa tutto il resto del mondo, Pecunia, Potere e l’ultima non la scrivo perché sono elegante.

Sarebbe ora che anche nella Chiesa le donne si emancipassero e reclamassero i loro diritti, invece di continuare a nettare la canonica e a cantare nel coro.  Che, a fare quelle cose lì, ci possono pensare anche degli uomini con le loro manine sante: è con le rivoluzioni che si cambia il mondo. E sta cambiando, questo bisogna ammetterlo, però la prossima volta ci piacerebbe che, a dare le linee guida per il Sinodo, fosse Francesca. 

Libro consigliato: Ave Mary, Michela Murgia. 

martedì 16 giugno 2015

Ciuf-ciuuuf!!



La settimana scorsa, ad una festa.
Poco prima che piovesse.
La mia nuova amica mi ha raccontato delle sue ultime esperienze da cinema Celestini e, udite-udite, sembra che l’uomo due punto zero non disdegni una capatina nel back stage, ogni tanto.
Da star a sterco, mi verrebbe da dire, se non fosse la cosa più schifosa che io abbia mai scritto su questo blog. (Ormai l’ho detta.)
Da ottima paranoiosa quale sono (e anche paracula), ho dato avvio ad un viaggio nei meandri di quel gioco che potremmo chiamare “trenino” e nel tipo di relazioni che lo prevedono. In amore, si sa, la passività colma l’ego di un uomo, se è lui a stare dietro. Ma in tutti i rapporti, in generale, come si fa a stabilire se le persone sono alla pari o se una delle due, brutalmente, predomina?
Dicono che in ogni coppia vi sia la parte attiva e quella passiva. Una più aperta ed una più chiusa (largo ai doppi sensi). Una che si dà da fare, un’altra che si lascia trasportare. A volte, il binomio può risultare perfetto; in altri casi, ci si riduce al triste spettacolo di una trazione anteriore che si porta dietro in scia un vagone di miserie. Sta di fatto che, attivamente o passivamente, stiamo sempre parlando di metterselo in quel posto, il che non è mai bello.
Come nella realtà, il trenino dovrebbe essere qualcosa di sereno e divertente, un incantevole viaggio in cui le immagini scorrono nel riquadro del finestrino e tu puoi lasciare spazio ad un trip mentale senza aver assunto droghe. Solo che è difficile capirsi, quando è necessario voltare la testa di centottanta gradi per incontrare gli occhi dell’altro. Qui si parla di mesi e mesi di cervicale.
Eppure bisogna farlo. Ne sono convinta. Che ne so se per gli altri è giusto o sbagliato: per me, i buchi degli occhi sono più importanti di tutti gli altri. Se sono alla stessa altezza di quelli altrui, lo saranno anche i cuori ed è più facile che lo diventino anche i pensieri.

A nessuno piace soffrire (benchèe se l’associazione sadomasochisti & co. potrebbe avere da ridire). Allora, sai cosa si fa? Si sta attenti alle fermate. A volte si arriva fino al capolinea, altre, invece, qualcuno scende prima. Non è un problema. E’ una scelta, chiamata felicità.
Il treno ha fischiato, lo diceva pure il Belluca pirandelliano. In un senso un po’ diverso, ma ci sta tanto bene.
Il treno ha fischiato.



mercoledì 10 giugno 2015

Coraggio al buio

Sono fichi, gli usignoli.
Non fanno niente di male e, in più, gorgheggiano.

Tutto è cominciato qualche settimana fa.
In pieno trasloco, non mi separavo mai –comunque- dal mio Kindle ed alternavo gli scatoloni alle pagine di un libro consigliato dai personaggi di un altro libro (che meraviglia quando succede).
Il buio oltre la siepe… Un titolo misterioso. Domestico, ma anche inquietante. Una enorme storia di coraggio da parte di un avvocato “bianco” e dei suoi bambini, una storia di integrazione (difficile) e di mancanza di pregiudizi…
Lo leggo tutto, con un occhio sulla pagina ed uno già nella pagina dopo, e in quella dopo ancora. Uno di quei libri che ti entra dentro e ci resta per sempre. Come certe persone.
Disperata per averlo finito, vado a cercare la altre opere dello stesso autore.
E scopro che è una donna.
Non lo avevo neanche immaginato.
L’idea non mi aveva sfiorato. Ma perché?
Forse perché non mi aspettavo che nel 1960 una donna scrivesse così incredibilmente bene del dramma di un papà single che difende un “cioccolato” in Alabama. E con quale devastante simpatia!
…la simpatia, ecco: quella doveva aprirmi gli occhi. Solo una donna capisce tanto in profondità le cose da potersi permettere di prenderle con leggerezza.
Da qui, il confronto con le donne di oggi è un attimo: su cosa siamo concentrate noi donne tra i venti e i quarant’anni? Abbiamo in effetti un ideale, una lotta tutta nostra, una rivoluzione sociale da attuare, o stiamo solo vivacchiando, in attesa che qualcun torni a dirci cosa fare di noi, dal momento che tutta questa libertà ci rende attonite?
Ed ecco che la magia della vita invade i giorni più significativi di ogni persona: i miei nuovi vicini di casa sono africani. Lei, bellissima, calma, osa dirmi solo un timido “ciao” quando c’incontriamo sulle scale. Non ho visto amici di altre etnie salire a trovarli--- e d’altronde nemmeno io ne ho. Ci fa ancora tanta paura il diverso. Ed è la donna, come sempre, a rimetterci di più, perché deve rispettare confini precisi, pesanti, che fanno timore.

Coraggio. Se la mia parola d’ordine dell’anno scorso era libertà, quella dei prossimi mesi sarà coraggio. Non possiamo più aspettare. La vita è troppo corta e troppo strana per crearci problemi da soli, segregando, indugiando, elucubrando: quello che vogliamo essere, dobbiamo tirarlo fuori.
Altrimenti, ciaòne a tutti i diritti conquistati.
Non ammazziamo il nostro usignolo: per amore o per rabbia, egli deve cantare.


Grazie, Harper. In attesa della prossima storia… 

mercoledì 3 giugno 2015

Carosello infernale



Lo sapevate che, ogni estate, in Italia, si svolgono più di milleseicento feste paesane?
Forse questo dato non vi era noto, ma di certo sarete al corrente di quanti inciuci nascano in occasione delle sagre, tra gli stand, e dia quanto le situazioni sociali influenzino la nostra vita affettiva.
E’ proprio il caso di un gruppo di ragazzi under 30, come potreste essere voi adesso (o qualche anno fa). Poniamo che, tra un paio di settimane, il paese in cui vivete organizzi una grande festa a tema –vino, pasticcini, uova sode e vodka…- e che una ragazza il cui fidanzato si è assentato per lavoro decida di parteciparvi anche senza di lui, accompagnata da un’amica single in crisi esistenziale e ad alcune conoscenze di vecchia data.
Poniamo il caso che non tutti gli amici di vecchia data si ritengano “solo amici”, che l’alcol inizi a scorrere quasi quanto il fiume lì accanto e che, la sera seguente, tutto ricominci…
Una tre giorni impegnativa è quella che vi aspetta, qualora decidiate di prende parte alla festa, Bisogna essere preparati a qualsiasi eventualità: nuovi orientamenti sessuali, ex che tornano alla ribalta, e forse un surreale momento di riflessione nel bagni chimici, mentre fuori la musica impazza e non si è più consapevoli della propria identità di ragazzi.
In fondo, cos’è un romanzo se non una storia di vita reale? E cos’è la vita reale se non un turbinio di eventi, parole, scelte, incontri, danze? Così, tra un bicchiere e l’altro, con le nostre paure e i nostri destini, ci ritroveremo in un girotondo sfrenato ed insieme immobile, ad imitare, ancora per una notte, ancora per un stente, il Carosello infernale che è la vita.