Una delle
caratteristiche delle donne del mio paese è che non chiudono mai la bocca.
E’ chiaro:
abbiamo due grandi passioni, qui. Mangiare e parlare. Tanto. Di tutt’e due le
attività.
Sembra che,
anche in tempo di guerra, quando sarebbe stato meglio (o meno rischioso) tenere
il becco sigillato, le donne di questi luoghi ci tenessero a far sentire la
loro voce, litigando con le signore delle fazioni avversarie, aiutando i
soldati alleati, portando rifornimenti sulle colline. Militando.
In epoche
più remote, invece, quando la storia si confondeva con il mito, le donne erano
talmente vessate dalle attenzioni non sempre gradite di dei e satiri da doversi
trasformare in piante o corsi d’acqua, al fine di sfuggire alla violenza.
Accadde a Dafne, divenuta albero d’alloro per scoraggiare Apollo, e ad Aretusa,
mutata in fonte per non dover più subire il corteggiamento pressante da parte
di Alfeo… E queste poverette erano pure ninfe!
Noi comuni
mortali non abbiamo il potere di attuare una metamorfosi per dimenticare o
cancellare i nostri problemi –ma, personalmente, se dovessi scegliere, vorrei
essere un gatto. O una corrente d’aria. Non abbiamo nemmeno la tempra delle
nonne, che sfidavano demoni ben più contingenti e pericolosi di quelli attuali.
Eppure viviamo anche noi situazioni che ci fanno stare male. Yaia è senza
contratto. Maggiolina soffre di scarsa autostima. Glade non riesce a prendere
in mano la sua situazione sentimentale. Anita è stressata. Sole detesta il suo
ambiente di lavoro. Una Persona Che Conosco ha delle brutte coliche ogni volta
che rimane delusa. Ed io ho una fresia che sta cercando di buttarsi giù dal
mobiletto, tanto le fa schifo vivere in casa mia.
Epoche
diverse, difficoltà di natura diversa, ma il dolore è sempre dolore, anche se
cambia forma, e dimensioni. Ed io credo che l’arma migliore che ci sia stata
data per combatterlo sia la comunicazione. Matilde Serao insegnava a leggere
alle giovani contadine in cerca di giustizia. Noi donne istruite del
Ventunesimo secolo possiamo usufruire di vantaggi inimmaginabili. Le parole, la
voce, la diffusione delle notizie.
Perché è
così difficile dire apertamente quello che vogliamo e che non vogliamo? E’ così
forte la paura di essere respinte, giudicate, denudate, ignorate? Ma non è
proprio per questi motivi che dobbiamo parlare, per evitare giudizi, ignoranza
e violenza?
Fino a che
non apriremo le nostre bocche, nessuno capirà da che parte stiamo. E saremo
costrette a tramutarci in ramoscelli e pozzanghere. E’ così che vogliamo
scrivere la nostra leggenda? Stanca di
soffrire, diventò una folata di vento fastidiosa.
No, grazie.
Io
preferisco esprimermi.
Sarà solo
una prerogativa delle donne del mio paese, ma a noi no piace tenere la bocca
chiusa.