Come i jeans a zampa
Da quando sono in grado di rapportarmi con altre donne in
modo accettabile, e cioè senza correre dalla maestra ogni volta che l’amica del
cuore mi tira i capelli (in effetti non è passato molto), ho constatato con un
certo disappunto che il novanta per cento delle ragazze che conosco passa la
vita a cercare l’”uomo giusto”.
Non mi dilungherò sulla tristezza dell’impiegare la propria
esistenza concentrando buona parte delle energie fisiche e mentali in
un’attività che ha per soggetto l’uomo-maschio. Piuttosto, se mia figlia si
rivelasse –ahinoi- una specie di Cenerentola, mi sentirei in dovere di
avvisarla: per quanto tu possa impegnarti in questa deplorevole ricerca, prima
di trovare l’uomo giusto incapperai almeno una volta in un uomo “sbagliato”.
L’avvertimento sembra inutile, o quantomeno inadeguato:
perché smontare così i sogni d’amore e le speranze di un futuro a due di una
giovane non ancora disincantata? Le infatuazioni effimere non sono la cosa
migliore che ricordiamo della nostra adolescenza?
No. Mi spiace, ma non lo sono. Al contrario, tra i tredici e
i diciotto anni si commettono errori madornali, tanto nel look quanto nelle
relazioni sentimentali, di cui si vorrebbero dimenticare circostanze e ragioni.
E la cosa grave è che il novanta per cento delle donne che conosco, tutte dai
venti in su, non si sono mosse da quella paludosa situazione di totale cecità
nei confronti di un amore “sbagliato”, tanto che la palude diventa
pericolosamente simile, giorno dopo giorno, a delle sabbie mobili.
Un tempo il primo fidanzato era anche l’unico: il compagno di
banco delle elementari, se ben coltivato, diventava per tacito accordo il
partner fisso nei balli del paese ed infine un marito più o meno apprezzabile
–non stava alla donna giudicare se lo fosse.
Oggidì, la prima cotta è un tenero ricordo, la seconda un
ricordo, la terza un tenero imbarazzo. Dalla quarta in poi, meglio tappare le
orecchie ai genitori astanti. Lupus in fabula, ecco che arriva un uomo che
sembra quello giusto e che ha tutte le carte in regola per farci perdere la
testa: piacevole alla vista, compagnone, motorizzato, possibilmente artista e
amante della vita notturna. La pecca del bel principe rocker, purtroppo, non
salta all’occhio ed è l’intelligenza. Scarseggiante. Quasi borderline. Non
parlo dell’intelligenza “scolastica”, parlo di quella “umana”. Se, come vuole
il vecchissimo amico Aristotele, l’anima si cela in ogni cosa che ha la vita in
potenza, il nostro innamorato dev’essere uno zombie perché -lo scopriremo a caro
prezzo- egli non riesce ad avere con una donna un rapporto rispettoso e
duraturo. Anzi, quante volte ci ritroveremo lasciate, deluse, portate in
Paradiso e poi scaraventate giù, fuori da un mondo che credevamo ormai nostro
per sempre?
Ed ogni volta che lui torna, lei è lì che lo aspetta e lo
accoglie a braccia aperte, crocerossina, madre sostituta, analista non pagata e
amante insoddisfatta, solo perché si è convinta che lui sia l’unico, il
migliore: una persona sulla quale sono state investite tante energie è in
qualche modo “imperdibile”.
E’ come per i vestiti delle mode passate: le seguiamo un po’
tutte, dal totale white al total black, passando per la nuca rasata, l’ombretto
verde cremoso, lo stile hippie e le zeppe altissime, ma nel momento in cui esce
una particolare mise che adoriamo e sulla quale lavoriamo per un po’ di tempo,
tendiamo a indossare sempre quella, anche quando passa di moda. Anche quando
non ci sta affatto bene e nessuno ha coraggio di dircelo.
Esempio: se ritornassero i jeans a zampa, che solo chi ha un
fisico da avatar può portare senza sembrare un elefantino, li compreremmo di
nuovo, e li compreremmo altre cento volte, benché, in fondo al nostro cuore,
fossimo consapevoli che non fanno per noi.
Lo sappiamo sempre quando l’uomo è sbagliato, al di là di
tutte le scuse, perché le donne sanno sempre cosa fa per loro e cosa è meglio
lasciare sullo scaffale del negozio: siamo state abituate a cavarcela da sole,
anche se genitori e società vogliono farci credere il contrario, e così
riusciremo ad andare avanti fino all’incontro con l’uomo giusto, se capiterà.
Nel frattempo, ringraziamo tutte in coro la sfilza di uomini
sbagliati che ci hanno rese forti e bravissime a selezionare, mettiamoli nel
sacco della Caritas e lasciamoli andare senza pensarci più, e tanti auguri alla
malcapitata che dovrà indossarli dopo di noi.
Ma la vita è così. Sbagliando si impara.
Bello il tuo blog, mi piace :)
RispondiEliminaelena