martedì 11 giugno 2013

One, two, free!

Lettera ai bambini, per gli adulti




Eccomi.
La blogger con meno fantasia al mondo in fatto di titoli!
Qualcuno di voi avrà infatti riconosciuto nelle sei parole che connotano questo post il titolo di un’opera moooolto più onorevole ed educativa della mia, ovvero la Lettera sui ciechi per quelli che ci vedono di Dedis Diderot. Non ho nessuna intenzione di mettermi su un tale livello di sapienza, intelletto e dialettica. Solo, mi piaceva l’idea di scrivere qualcosa sui bambini in modo che arrivasse anche agli adulti, proprio come fa il grande illuminista nel suo saggio filosofico. P.S. Se vi va di leggere un libro, quest’estate, leggete la Lettera sui ciechi. Vi aprirà… gli occhi.

La figliolanza e l’allevamento della figliolanza sono argomenti per me terribilmente complicati, perché, sin dal momento in cui comincio a pensare alla maternità –a partire dalla parola stessa-, mi insorge dentro un’angoscia femminista da far paura. Infatti, come si può tranquillamente constatare ogni giorno grazie a quella scatoletta mangia idee, ormai piatta e un po’ inquietante, che è la televisione,sembra che:
A.       le donne del duemila debbano per forza dividersi in categorie del tutto svalutanti e “parziali”: nelle varie pubblicità di profumi dallo slogan incomprensibile, di prodotti per la casa e per il bambino, di cibi dietetici ma gustosissimi, troveremo la  sensuale, la donna manager, la narcisista, l’erotica, la donna-oggetto, l’ambigua, la mammina tutta vestita di bianco e azzurro (se ha un maschietto) o di bianco e rosa pallido (se ha una femminuccia).
B.       Concentrandoci sull’ultimo “tipo” di donna proposto dai media, si può soltanto intuire l’abisso di solitudine che si nasconde dietro tutti quei sorrisi e gli omogeneizzati e i pannolini ultra-assorbenti… Non credo che diventare genitori sia una brutta cosa, ma credo che diventare mamme (con la consapevolezza di doversi occupare da sole del neonato, e magari andare al lavoro sapendo di dover pensare anche  alla casa, una volta tornate) lo sia.
C.       Se questo sistema di vita non cambia, sarà automatico per i nostri figli e figlie comportarsi allo stesso modo, con i bambini che diventano padri-padroni e le bambine che li servono a tavola e si alzano di notte quando il primogenito strilla.

Ora, giunti al punto, vorrei indirizzare qualche utile consiglio ai nascituri, affinché capiscano già dal pancione, o dalla provetta, in che mondo dovranno albergare e quali sono le cose secondo me  veramente importanti di cui tener conto, se non altro, durante il soggiorno.

One: regola numero uno dell’essere umano doc. Innamorarsi ogni volta.
Ogni volta…qaundo?, mi chiederete. Bè, ogni volta che è possibile. Dall’asilo fino alla casa di riposo. Per una sola notte, per qualche mese, per una decina d’anni, dipende. Ma credo sia necessario avere sempre la luce accesa, da quel punto di vista. Sentite: la vita è talmente corta che è un delitto sprecare un’occasione di essere felici. E anche di soffrire. L’importante è essere dentro il grande gioco dell’amore. Anche se non si è corrisposti, anche se è sbagliato… Love will find the way, cantano i Tesla.
E la troverà sia che vi comportiate da maschi sia che v’insegnino a comportarvi da brave bambine, e potrebbe non seguire la via di cui vi hanno parlato a scuola.

Two: regola numero due. Avere almeno due passioni. Suggerisco l’abbinamento sport musica (tipo pallavolo-pianoforte, calcio-chitarra, rugby-batteria, golf-flauto traverso…). Ma va bene qualsiasi cosa, purché vi appassioni. Fate un corso di cucina, di computer, di snowboard, di sartoria. Cambiate interesse ogni mese. Siate inventori del vostro essere. Abbiate il coraggio di rompere i luoghi comuni sui generi sessuali e datevi a un’attività considerata prettamente maschile o prettamente femminile: ciò che conta è la passione, non la sponda.

Three, o meglio: free! Regola numero tre, essere liberi. Bisogna imporselo. Non è facile: siamo catturati da reti e gabbie molto, molto consolidate, che intrappolano la mente ed intralciano le azioni. Per questo bisogna essere liberi tre volte.
Esempio: ho voglia di cucinarmi un risotto, stasera. Ci metto dentro… banane, salsiccia e formaggio spalmabile. Qualcosa da ridire?
Altro esempio: come mi vesto per uscire? Abito corto, stile giapponese o una tenuta più scialla? Facciamo un mix!
Terzo ed ultimo esempio: ero etero, ma mi sono innamorato di un uomo che prima era una donna. Cosa faccio? Libero tre volte: sono un uomo, amo un uomo, se l’avessi conosciuto come donna l’avrei amato lo stesso.

One, two, free! Sembrano tre salti, anzi, sono dei salti, che dobbiamo fare innanzitutto nella nostra testa per imparare ad insegnare la felicità ai nostri figli, e non il modo più giusto di mettere etichette.
Le uniche etichette che agogneranno il vostro bambino o la vostra bambina, ricordatevelo bene, saranno quelle di innamorato o innamorata, mito di qualche passione, libero o libera. Accettato questo, love will find the way, nel genere e nel numero che lui riterrà opportuno.



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