Lettera ai bambini, per gli adulti
Eccomi.
La blogger con meno fantasia al mondo
in fatto di titoli!
Qualcuno di voi avrà infatti
riconosciuto nelle sei parole che connotano questo post il titolo di un’opera
moooolto più onorevole ed educativa della mia, ovvero la Lettera sui ciechi per quelli che ci vedono di Dedis Diderot. Non
ho nessuna intenzione di mettermi su un tale livello di sapienza, intelletto e
dialettica. Solo, mi piaceva l’idea di scrivere qualcosa sui bambini in modo
che arrivasse anche agli adulti, proprio come fa il grande illuminista nel suo
saggio filosofico. P.S. Se vi va di leggere un libro, quest’estate, leggete la Lettera sui ciechi. Vi aprirà… gli
occhi.
La figliolanza e l’allevamento della
figliolanza sono argomenti per me terribilmente complicati, perché, sin dal
momento in cui comincio a pensare alla maternità –a partire dalla parola
stessa-, mi insorge dentro un’angoscia femminista da far paura. Infatti, come
si può tranquillamente constatare ogni giorno grazie a quella scatoletta mangia
idee, ormai piatta e un po’ inquietante, che è la televisione,sembra che:
A.
le donne del duemila debbano per forza dividersi in
categorie del tutto svalutanti e “parziali”: nelle varie pubblicità di profumi
dallo slogan incomprensibile, di prodotti per la casa e per il bambino, di cibi
dietetici ma gustosissimi, troveremo la sensuale, la donna manager, la narcisista,
l’erotica, la donna-oggetto, l’ambigua, la mammina tutta vestita di bianco e
azzurro (se ha un maschietto) o di bianco e rosa pallido (se ha una
femminuccia).
B.
Concentrandoci
sull’ultimo “tipo” di donna proposto dai media, si può soltanto intuire
l’abisso di solitudine che si nasconde dietro tutti quei sorrisi e gli
omogeneizzati e i pannolini ultra-assorbenti… Non credo che diventare genitori
sia una brutta cosa, ma credo che diventare mamme (con la consapevolezza di
doversi occupare da sole del neonato, e magari andare al lavoro sapendo di
dover pensare anche alla casa, una volta
tornate) lo sia.
C.
Se questo
sistema di vita non cambia, sarà automatico per i nostri figli e figlie
comportarsi allo stesso modo, con i bambini che diventano padri-padroni e le
bambine che li servono a tavola e si alzano di notte quando il primogenito
strilla.
Ora,
giunti al punto, vorrei indirizzare qualche utile consiglio ai nascituri,
affinché capiscano già dal pancione, o dalla provetta, in che mondo dovranno
albergare e quali sono le cose secondo me
veramente importanti di cui tener conto, se non altro, durante il soggiorno.
One:
regola numero uno dell’essere umano doc. Innamorarsi ogni volta.
Ogni
volta…qaundo?, mi chiederete. Bè, ogni volta che è possibile. Dall’asilo fino
alla casa di riposo. Per una sola notte, per qualche mese, per una decina
d’anni, dipende. Ma credo sia necessario avere sempre la luce accesa, da quel
punto di vista. Sentite: la vita è talmente corta che è un delitto sprecare
un’occasione di essere felici. E anche di soffrire. L’importante è essere
dentro il grande gioco dell’amore. Anche se non si è corrisposti, anche se è
sbagliato… Love will find the way, cantano i Tesla.
E
la troverà sia che vi comportiate da maschi sia che v’insegnino a comportarvi
da brave bambine, e potrebbe non seguire la via di cui vi hanno parlato a
scuola.
Two:
regola numero due. Avere almeno due passioni. Suggerisco l’abbinamento sport
musica (tipo pallavolo-pianoforte, calcio-chitarra, rugby-batteria, golf-flauto
traverso…). Ma va bene qualsiasi cosa, purché vi appassioni. Fate un corso di
cucina, di computer, di snowboard, di sartoria. Cambiate interesse ogni mese.
Siate inventori del vostro essere. Abbiate il coraggio di rompere i luoghi
comuni sui generi sessuali e datevi a un’attività considerata prettamente
maschile o prettamente femminile: ciò che conta è la passione, non la sponda.
Three,
o meglio: free! Regola numero tre, essere liberi. Bisogna imporselo. Non è
facile: siamo catturati da reti e gabbie molto, molto consolidate, che
intrappolano la mente ed intralciano le azioni. Per questo bisogna essere
liberi tre volte.
Esempio:
ho voglia di cucinarmi un risotto, stasera. Ci metto dentro… banane, salsiccia
e formaggio spalmabile. Qualcosa da ridire?
Altro
esempio: come mi vesto per uscire? Abito corto, stile giapponese o una tenuta
più scialla? Facciamo un mix!
Terzo
ed ultimo esempio: ero etero, ma mi sono innamorato di un uomo che prima era
una donna. Cosa faccio? Libero tre volte: sono un uomo, amo un uomo, se
l’avessi conosciuto come donna l’avrei amato lo stesso.
One,
two, free! Sembrano tre salti, anzi, sono
dei salti, che dobbiamo fare innanzitutto nella nostra testa per imparare ad
insegnare la felicità ai nostri figli, e non il modo più giusto di mettere
etichette.
Le
uniche etichette che agogneranno il vostro bambino o la vostra bambina, ricordatevelo
bene, saranno quelle di innamorato o innamorata, mito di qualche passione,
libero o libera. Accettato questo, love
will find the way, nel genere e nel numero che lui riterrà opportuno.
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