I libri della vita
Questa
è una storia così, come la volete voi, proprio come potreste desiderare che sia
una storia.
Le
parole sono volatili, ognuno può leggerle a suo modo ed amarle ed onorarle o
disprezzarle tanto da volerle distruggere. La magia che il grande scrittore
riesce a ricreare si manifesta quando le parole di lui o di lei ci conducono in
un altro mondo, in un’altra vita, una vita che subito diventa la nostra.
Ma
poiché io non sono una grande scrittrice, non aspiro a ricreare questa magia,
quindi vi racconto semplicemente una storia… così.
Una
bambina di sette anni, a cui piaceva molto disegnare, ricevette in regalo da
una vecchia zia un libro dalla copertina blu, la cui immagine frontale
raffigurava un albero e due paia di gambe –con i piedi attaccati- che
penzolavano da un ramo.
La
storia di Andi e della sua immaginaria Nonna sul melo piacque infinitamente
alla bambina, perché lei aveva una vera nonna (assai diversa da quella del
libro) e non aveva mai immaginato la sua vita senza quella presenza profumata
di borotalco e di tempo. La finzione del libro le imponeva l’obbligo di pensare
bene a tutto ciò che era reale e di iniziare a comprenderne le sfumature, dando
ad ognuna un valore. La vecchia zia, nel momento in cui le aveva regalato il primo
libro, le aveva fatto anche un altro incommensurabile dono: la possibilità di
crearsi un’opinione.
La
bambina di sette anni ancora non sapeva cosa significasse questo evento per
lei, ma sentiva che la situazione doveva evolversi ed il passo successivo, combinato
come per un matrimonio dagli astuti genitori, fu quello di recarsi nella
biblioteca del paese.
La
biblioteca si trovava al primo (o al secondo?) piano di un palazzo antico ed
era governata da un anziano intellettuale dall’odore forte di camicia e di polvere.
Egli cercava e appuntava libri e prestiti su un registro di straordinarie
dimensioni, che apriva con un tonfo e richiudeva gelosamente non appena
terminate le operazioni. La bambina fissava ipnotizzata l’insieme, percependo
appena i particolari –il rado mobilio, i soffitti altissimi, perfino l’odore-,
perché la sua attenzione era stata catalizzata sin dal primo passo dagli
scaffali carichi di libri.
Dopo
una breve ricerca tra i testi per bambini, che vennero giudicati insulsi e pure
un po’ tristi, la bambina si volse a un armadio in cui i libri erano
ammucchiati senza classificazione. E l’occhio le cadde su uno spesso volume rosa
dall’aspetto sdrucito: qualcuno doveva averlo letto e amato molto, così la
bambina lo trascinò fuori dalla scaffalatura e si mise a sfogliarlo, lì, sul
pavimento fresco della biblioteca.
La
raccolta completa del fumetto Mafalda la stregò tanto che, il Natale seguente,
la famiglia gliene regalò una copia tutta per sé, nuova, grossa e pesante come
quella della biblioteca (che ormai reclamava da mesi la restituzione del volume
rosa).
Grazie
a Mafalda, la nostra bambina conobbe la politica, la rivolta sociale,
l’ingiustizia e il desiderio di giustizia, l’ironia, il sarcasmo,il femminismo,
i Beatles. Il bibliotecario, però, permettendole di prendere in prestito quel
librone di fumetti, più indicato per gli adulti che per i bambini, le aveva
fatto anche un altro grandissimo regalo: la libertà di scegliere. E scegliere
di leggere ciò che voleva fu l’involucro che permise alla bambina di capire che
tutto quello che mettiamo nella nostra vita è frutto di scelte, non di
casualità o fortune o divinità, ma di scelte personalissime e LI-BE-RE.
Dopo
Mafalda vennero tanti altri libri, tanti, tanti quanti un occhio può
abbracciare dentro una stanza bella grande, figuriamoci due (occhi).
Ma
il “libro di volta”, ovvero il libro che avrebbe segnato un punto luminoso sul
quale reggere tutta una vita di pagine e parole, capitò alla bambina –di nove
anni- nel modo più inaspettato: in casa, un giorno qualunque in cui lei cercava
disperatamente qualcosa da leggere che non fossero le etichette delle
bottiglie.
Sul
letto di una sorella, buttato lì, c’era
un libro giallo con un albero maestoso in copertina (un altro). Vederlo,
leggerlo ed innamorarsi della storia furono un’unica azione-reazione. Da quel
momento per tutti gli anni a seguire, la
bambina ebbe dentro di sé l’immagine ispiratrice di un Barone rampante che si
ribellava alla regolarità della vita come noi la conosciamo e si arrampicava
sugli alberi, senza mai scenderne, fino all’ultimo giorno della sua esistenza.
Calvino, attraverso quel magico scritto, le aveva dato il sunto di tutte le
cose che dovevano, dovevano esistere nel viaggio di ogni persona nella foresta
solitaria che è la vita: passione, libertà, libri, amore, conoscenza,
divertimento, disperazione, coraggio, sogni.
In poche parole, Calvino le aveva dato una perfetta, inimitabile,
preziosissima descrizione della vita e
le aveva sussurrato l’immortalità di personaggi come Mino.
Oggi
la bambina si è rovinata schiena e vista a furia di leggere, ma non smette di
farlo, ed è contenta di avervi regalato i suoi primi tre libri della vita
(anche se ci ho messo un po’ a convincerla a farlo, gelosa com’è delle sue
cose). Da sempre ricerca una Nonna sul melo, una Mafalda, un Barone rampante
con cui condividere passioni, sogni, amore, divertimento, libri, drammi; ne ha
incontrati alcuni, altri li ha solo intravisti, altri ancora li ha spiati e,
infine, li ha lasciati andare.
Tutto
qui. La storia non ha nemmeno un finale: ve l’avevo detto, è una storia così.
In fondo, su un pianerottolo cosa succede? Ci si incontra, ci si saluta, e poi
ognuno apre la sua porta e se la richiude alle spalle.
Buongiorno, come
sta?
Molto bene, e lei?
Anch’io, grazie
davvero. Che caldo fa, oggi!
Vero? Uff! E la
famiglia?
Bene… Mi scusi, ho
l’acqua sul fornello.
Allora arrivederci.
Sì, certo. Saluti a
casa!
E
la vita torna dentro il libro, in attesa della prossima magia.
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