Risveglio.
Un’altra “bella”
giornata.
Non devo andare da
nessuna parte.
Mi aspetta il ferro da
stiro.
Il lavabo pieno di
piatti.
E un pomeriggio di
lavoro in nero.
Se mi va bene, riesco a
spendere trenta euro al supermercato. Dove incontrerò qualcuno della mia
famiglia che mi farà una testa così per un motivo qualsiasi.
Unici momenti positivi:
doccia e cena.
Ah, no. Sono a dieta
pesante.
Che sfiga.
…
Ma cosa sto dicendo?
E’ proprio in giornate
come questa che godo di più nell’essere al mondo.
Perché mi ci sento.
E’ vero, sono un po’
sfigata. A volte mi chiedo dove sto andando.
E capisco che non c’è
nessun posto in cui andare. Che tutti noi stiamo solo cercando di restare in
piedi.
E che per riuscirci ci
teniamo su spalla contro spalla, a volte spingendo troppo, a volte mollando.
Come ballerini sordi al
ritmo di una danza più veloce di noi, una tarantella alla quale ci vergogniamo
di partecipare, sbagliati, restii, inadatti alla vita.
Ma ci siamo. Ormai
l’intossicazione è avvenuta. Ed io non voglio andare in rehab.
Replay.
Risveglio.
Chi è questo figo
pazzesco nel mio letto?
Ah, sì! Mio marito. Che
fortuna.
Come siamo messe oggi?
Mattina libera. Faccio le pulizie, va’. Scrivo –bella sensazione.
Oggi pomeriggio mi
guadagno la cena e me la vado a spendere in una bella pasta col pesto ai
pistacchi.
Tanto ieri ho fatto due
ore di yoga da paura.
Un saluto a casa, giusto
per ricordarmi che ne ho una.
E poi respiro.
Respiro.
Respiro.
Chi avrà inventato il “qui ed ora”?
Il mio idolo.
Non so cosa ci riserva
il domani, ragazzi, ma consideriamolo come… un tutto di regalato.
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