martedì 28 maggio 2013

I love minigonna

Indossare poca stoffa non vuol dire averne meno nel carattere






Guardatela.
Quant’è intelligente? Sexy? In gamba?
Nel 2013, la minigonna ha compiuto cinquant’anni e si è guadagnata il titolo di MILF più famosa, più irriducibile, più ribelle della storia della moda.

Facendo un giro al mercato, sabato mattina, ho visto che stanno tornando in auge le gonne lunghe, svolazzanti, da gitana: una l’ho comprata, tanto per adiuvare l’economia. In un’epoca in cui tutto si accorcia sempre più, diventando subitaneo, vicino, verosimile –in maniera quasi fantascientifica-, sui banchi degli amici cinesi e nelle fila dell’abbigliamento da grande magazzino compaiono abiti allungati che sfiorano la terra, suggestivi simboli di una libera scelta: quella di tornare a coprire le gambe.
Nel 1963, però,questa straordinaria possibilità era ancora un miraggio, e così si pensò bene di iniziare dal basso (è sempre da lì che bisogna partire per ottenere grandi cose) e di tirare su l’orlo delle gonne.
Più su.
Più su.
E, a mano a mano che la tensione –sartoriale e sociale- cresceva, ogni centimetro di pelle acquistava nuove prospettive e valori aggiunti.
Le caviglie non erano più solo un punto di snodo tra gamba e piede che permetteva alle casalinghe di spostarsi velocemente da camera a cucina, ma diventavano interessanti protuberanze attira-sguardi e attira-pensieri; i polpacci smisero di ricoprire soltanto il ruolo di muscoli utili all’ascesa delle scale condominiali ed acquisirono quello di cuscinetti curvilinei esageratamente affascinanti, fondamentali anche nello sport e nell’azione di dare un calcio in culo agli uomini sbagliati; le ginocchia denudate, un tempo angoli di un tavolino su cui venivano sculacciati i bimbi, insinuarono in molti male men l’atroce dubbio che anche le donne, sotto la carne (nido di tante gravidanze, garanzia di perpetrazione della specie), avessero qualcosa di simile a ciò che gli stessi uomini avevano e mostravano con orgoglio virile: ossa.
Le cosce, infine, passarono da anticamere proibite del piacere a ben visibili motivi di preoccupazione per molti papà e per tutti i fidanzati sixties.

L’articolo dedicato alla minigonna su Vogue di maggio mi ha fatto pensare alle ragazze degli anni Sessanta e a quanto dev’essere stato eccitante e drammatico vivere la propria giovinezza in quel periodo pieno di cambiamenti non sempre agevoli. Trovo geniale che Mary Quant e Courrèges abbiano inventato un indumento davvero “mini” quando, in contemporanea, si cercava di smantellare l’idea che tutto ciò che competeva all’essenza di una donna dovesse essere piccolo, ridotto. Come se la donna stessa dovesse adeguarsi a pensarsi così, mini, di scarsa importanza. Dalla casa, mondo intimo e ovattato, alla cerchia di amicizie (tutte signore della buona società, perbene, istruite a compiacere il maschio), passando per pannolini, ciucciotti e giocattoli piccini picciò, fino agli ani Sessanta l’universo femminile finiva a pochi passi da una culla o da un fornello, e i gonnelloni lunghi intralciavano sicuramente i movimenti. Anche quelli femministi.
Mary e André, allora, hanno fatto all’umanità il grande regalo di liberare le gambe delle donne, dandoci da indossare qualcosa che fosse deliberatamente mini: una gonna, oggetto femminile per eccellenza –ai minimi termini, però, e che termini!
Grazie ai pantaloni di Coco Chanel, le pioniere del fashion e le paladine dei nostri diritti hanno voluto mostrarsi alla pari degli uomini, pratiche e sicure come loro.
Con la minigonna, esse si sono ri-scoperte Altro dagli uomini, capaci di camminare con le proprie gambe -che fossero arti lunghissimi, in carne, pallidi o neri, poco importa. L’importante è che la moda si sia diffusa e che abbia contribuito all’emancipazione.
Quando indosso una minigonna, mi sembra di sentire tra la pelle e il tessuto il vento caldo e fervido della rivoluzione dei costumi e di vedere mucchi di visi sconvolti, sui quali si leggono castighi, giudizi, insulti. Nel 1963 coloro che si mettevano la mini erano considerate delle rosalinde suffragette poco di buono; nel 2013 non è cambiato molto, ma almeno siamo libere di scegliere il nostro look, così come la direzione da dare alle nostre vite, e una spanna in meno di stoffa non significa che ne abbiamo meno nel carattere.

Chi se ne frega se qualcuno ci guarderà storto o troppo: noi sappiamo cosa si prova a portare la sottana, e chi ci critica, forse, lo fa solo perché vorrebbe portarla anche lui.





1 commento:

  1. Molto belle le minigonne, come i mini abiti mi piacciono molto :)
    Un bacio

    Carolina

    www.the-world-c.blogspot.com

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