La settimana scorsa,
ad una festa.
Poco prima che
piovesse.
La mia nuova amica
mi ha raccontato delle sue ultime esperienze da cinema Celestini e,
udite-udite, sembra che l’uomo due punto zero non disdegni una capatina nel
back stage, ogni tanto.
Da star a sterco, mi
verrebbe da dire, se non fosse la cosa più schifosa che io abbia mai scritto su
questo blog. (Ormai l’ho detta.)
Da ottima paranoiosa
quale sono (e anche paracula), ho dato avvio ad un viaggio nei meandri di quel
gioco che potremmo chiamare “trenino” e nel tipo di relazioni che lo prevedono.
In amore, si sa, la passività colma l’ego di un uomo, se è lui a stare dietro.
Ma in tutti i rapporti, in generale, come si fa a stabilire se le persone sono
alla pari o se una delle due, brutalmente, predomina?
Dicono che in ogni
coppia vi sia la parte attiva e quella passiva. Una più aperta ed una più
chiusa (largo ai doppi sensi). Una che si dà da fare, un’altra che si lascia
trasportare. A volte, il binomio può risultare perfetto; in altri casi, ci si riduce
al triste spettacolo di una trazione anteriore che si porta dietro in scia un
vagone di miserie. Sta di fatto che, attivamente o passivamente, stiamo sempre
parlando di metterselo in quel posto, il che non è mai bello.
Come nella realtà,
il trenino dovrebbe essere qualcosa di sereno e divertente, un incantevole
viaggio in cui le immagini scorrono nel riquadro del finestrino e tu puoi
lasciare spazio ad un trip mentale senza aver assunto droghe. Solo che è
difficile capirsi, quando è necessario voltare la testa di centottanta gradi
per incontrare gli occhi dell’altro. Qui si parla di mesi e mesi di cervicale.
Eppure bisogna
farlo. Ne sono convinta. Che ne so se per gli altri è giusto o sbagliato: per
me, i buchi degli occhi sono più importanti di tutti gli altri. Se sono alla
stessa altezza di quelli altrui, lo saranno anche i cuori ed è più facile che
lo diventino anche i pensieri.
A nessuno piace
soffrire (benchèe se l’associazione sadomasochisti & co. potrebbe avere da
ridire). Allora, sai cosa si fa? Si sta attenti alle fermate. A volte si arriva
fino al capolinea, altre, invece, qualcuno scende prima. Non è un problema. E’
una scelta, chiamata felicità.
Il
treno ha fischiato, lo diceva pure il Belluca pirandelliano.
In un senso un po’ diverso, ma ci sta tanto bene.
Il treno ha
fischiato.
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