mercoledì 31 luglio 2013

Destini

Come un Pollock




Video: con un po' di fortuna...

Di recente ho guardato il film Forrest Gump con particolare interesse.
Mi ha fatto pensare ai destini.
Per me, dire destino è come dire vita. Mi piace penare ai destini delle persone, anche se non mi piace l’idea che ognuno di noi sia solo un ingrediente dentro un piatto la cui ricetta ci è ignara e al quale non possiamo in alcun modo contribuire dandogli del valore agginto.
Diciamo che, quando immagino come sarà il futuro di una persona, preferisco ipotizzare una storia piuttosto che un progetto.
Io vivo così –sarà una deformazione professionale, ma preferisco ideare sospinta dal vento, non stabilire punto per punto ciò che farò nel corso degli anni. La vita non è una lista della spesa. Non puoi scegliere cosa ti accadrà, né approfittare di offerte speciali (della serie:”Due uomini al prezzo di uno!!!”… e chi li vuole? Già uno dà il suo daffare.)
Ha ragione la mamma di Forrest, quando dice:“la vita è una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita.”

Mi sorprendo a seguire una strada che non avevo previsto (confermando così la metafora dei cioccolatini). All’inizio di questo post ero convinta che avrei sostenuto la tesi contraria, ovvero quella per cui siamo noi gli artefici del nostro destino. E ne sono ancora convinta! Come concordare una simile pretesa con l’ineluttabilità del Fato?
A dire il vero, non mi rassicura per niente pensarmi  predestinata “a…” Prendiamo il motto latino nomen omen, il destino nel nome, per esempio: perché dovrei credere e accettare di dover vivere secondo le inclinazioni dei miei predecessori, di antenati il cui sangue si è ormai diluito in mille particelle non più riconducibili a un nome o ad una peculiarità familiare? Stando al mio cognome, dovrei coltivare pomodorini, ma ho talmente tanto pollice verde che le mie piante, pur di non avere a che fare con me, diventano blu.
Conosco un sacco di persone il cui cognome è Mazzi, ma non per questo tutti i loro figli girano con delle clave in spalla o amano particolarmente far composizioni floreali.
Se poi proviamo a considerare il detto adattandolo al nome di battesimo, la cosa peggiora ulteriormente: chi mai potrebbe augurarsi di condurre una vita simile al proprio nome? Solo un Leone o un Nicola, che significa “vincitore tra i popoli”. Per il resto, il significato del nome proprio fa quasi sempre pietà. Quindi no, mi rifiuto di adeguarmi a un presagio così poco scientifico. D’altronde, è un presagio, non uno studio di ricerca dell’università di Oxford.

La predestinazione… Se è vero che siamo tutti già inscritti in un disegno più grande, perché sforzarsi tanto, studiare, soffrire, vivere? In ogni caso, in teoria, la vita ci porterebbe dove vuole lei, dove lei ha programmato di farci arrivare, no?
Ma quante storie, quanti destini può gestire la vita? Innamorarsi, cercare un lavoro, ammalarsi e guarire, litigare, avere figli… Secondo me, nemmeno la vita è in grado di mettere ordine in tutto questo bailamme di avvenimenti e di emozioni. Sarebbe come cercare di fermare un vagone delle montagne russe quando ha già iniziato la discesa a picco.
Siamo allo sbaraglio, allora. Allora dobbiamo solo sperare che, sotto, ci sia una rete di sicurezza, un materasso morbido, una montagna di panna montata che c’impedisca di schiantarci. Nemmeno questo pensiero è molto rassicurante. E se, alla fine della picchiata, non c’è niente? Quante volte dovremo farci male prima della fine della nostra esistenza? Il nostro destino può rimetterci in piedi quando voliamo fuori dal vagone? Saremo abbastanza forti da risalire, ancora e ancora, sulla giostra?

Io questo non lo so.
So solo che ci sono cose, nella vita, che ti capitano e basta, e cose che invece puoi scegliere di far accadere. Ognuno parte da una base, che bisogna imparare a conoscere prima di avventurarsi in quell’inquietante luna-park che è il nostro destino. Qualcuno avrà potere e bellezza dalla nascita, altri avranno intelligenza e spirito, altri ancora dovranno cavarsela con un piccolo talento e un po’ di volontà. Poi si sale sulla giostra, si apre la scatola di cioccolatini, si vive. E, giorno per giorno, scopri quello che ti tocca.
Sapete?, a questo punto, credo che la cosa migliore da fare sia lasciare che ci tocchi davvero. La vita intendo. Il destino. Tanto non possiamo evitarlo. Come si diceva da piccoli? “Se non puoi batterlo, unisciti a lui!”. Lasciamo che il destino si manifesti in tutta la sua maestosa, disarmante bellezza e immensità, come una Guernica, un Pollock, una piramide di Cheope. Poi, scegliamo un atteggiamento. La nostra mossa. Questo siamo liberi di farlo. La vita non è così crudele da levarci anche la possibilità di decidere in che modo affrontarla.
Quello sta a noi: ogni santo giorno facciamo la scelta più importante di tutte, scendendo dal letto e andando nel mondo, consapevoli o meno delle conseguenze. Basta guardarsi allo specchio, la mattina, e chiedersi:”Mi piace quello che sto vedendo? Mi piace quello che sto per fare?”. C’è chi dice che dopo venti risposte negative consecutive, bisogna cambiare.
E noi possiamo farlo.
E’ il privilegio più grande che l’umanità detenga, stretto tra le mani, prezioso, una fiammella calda e traballante di forza che appoggiamo sulla nostra torta allo scadere di ogni compleanno.
Quest’anno, non spegnete tutte le candeline. Tenetene una accesa ancora per un po’, toglietela dalla torta e spegnetela quando lo desiderate voi. Non è molto, ma è una scelta.
Non è molto: è tutto.




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