martedì 16 luglio 2013

Li mortacci




Ovvero: Tanto per esorcizzare





Una volta ho letto un articolo in cui veniva consigliato di pensare alle cose che ci fanno paura come terapia.
Sembra che dedicare dieci minuti al giorno a riflessioni tetre e presentimenti negativi esorcizzi il timore che questi si realizzino davvero.

Ci sono rimasta secca (in senso figurato). Voglio dire, da quando ho letto quel maledetto articolo non faccio altro che pensare alla morte e agli incendi e ai fulmini e agli annegamenti. Solo che, adesso, mi sento autorizzata, ecco. Non mi vedo pessimista. Anzi, credo proprio che il metodo funzioni: se hai paura di qualcosa, pensaci e bella finita. Sviscera ben bene la questione, mi raccomando, da tutti i punti di vista. Scaduto il tempo, però, via il terrore e avanti con la vita reale (che è tutto dire).
L’unica controindicazione è che si finisce per pensare a un triliardo di cose brutte a cui prima non si faceva nemmeno caso. Avete mai riflettuto veramente su cosa significhi morire? Cioè, stare lì e non fare niente, oppure –di più- smettere di esistere. Non riesco a immaginarmelo. Un giorno che tornavo da scuola, non so com’è, mi ha preso questa fisima tremenda del cercare di immaginare cosa avrei fatto una volta morta. Non ne uscivo. Perché non c’era niente da capire, o cercare di capire. Una volta morta, non farò niente.
La cosa che mi spaventa di più è la testa. Non riesco a immaginare di non essere presente e viva, con la testa. Mi è già difficile raggiungere uno stato zen nei giorni in cui sono un po’ in tensione. Figuriamoci se riesco a stare completamente immobile, senza produrre alcun rumore e, soprattutto, con la mente vuota. Sarà un vero dramma, quando ci arriveremo.

L’unica speranza che mi rimane, visto che non sono credente e che quindi non potrò salutare tutti con un arrivederci nel Regno dei Cieli, è quella di poter essere in qualche modo raggiunta dal mio pensiero ancora in circolazione –almeno per un po’, finché il mio blog resterà in rete, finché qualcuno mi leggerà. Sarebbe carino se i bambini del doposcuola si ricordassero di me fino all’ultimo giorno della loro vita: avrei altri settant’anni di agio. E se ci fosse una persona che mi vuole così tanto bene (o così tanto male) da pensare a me con molta, molta intensità, spero proprio che questa intensità mi pizzichi e mi faccia sentire ancora qualcosa.
In caso contrario, fatemi un funerale cattolico –per accontentare mia mamma- e poi andate tutti al bar e bevete anche per me, rimembrando gli episodi più buffi e più da stordita della mia esistenza. Voglio musica e vestiti colorati, e non venite a trovarmi al cimitero. Tanto non me ne accorgo. Non sprecate i fiori. Sono troppo belli.

Bene, detto questo, rassicuro i miei conoscenti: sono in salute e tutto quanto, tranquilli.
Era solo per esorcizzare.




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